martedì 6 aprile 2021

Cyclic Signs

Auand Records






Lo scorso 19 marzo la Auand Records ha pubblicato il primo album da leader di Enrico Morello, giovane e talentuoso batterista romano che tra le varie collaborazioni può vantare la sua partecipazione, da circa sei anni,  nella formazione stabile nella band di Enrico Rava. Per il suo "Cyclic Signs" Morello decide di coinvolgere Francesco Lento alla tromba, Daniele Tittarelli al sax alto e Matteo Bortone al contrabbasso, tutti musicisti ed interpreti creativi che si immergono totalmente nei brani composti dal leader.

Per stessa ammissione di Morello questo album ha avuto una lunga gestazione, maturato negli anni di intenso studio e durante il lungo periodo di lavoro sul campo. Oltre alla musica Enrico vuole trasmettere anche sensazioni e aspetti non esclusivamente musicali...


«Nella necessita di tradurre in musica questi concetti sono partito dall’elemento a me più congeniale, il ritmo, cercando di sovvertire la prevedibile logica del tempo metricamente organizzato tracciando percorsi inattesi, multiformi e compositi, con l’intento di restituire all’ascoltatore la sensazione di sorpresa e disorientamento che si prova quando ci si affaccia alle finestre dell’ignoto.»




«L’utilizzo di un organico asciutto e costituito da strumenti prevalentemente monodici consente uno sviluppo polifonico del materiale tematico e lascia che la musica scaturisca dal silenzio come dei gesti pittorici su una tela bianca. Ho concentrato le mie energie nel dare risalto alle specificità armoniche dei brani attraverso un’accurata conduzione delle diverse voci che determinano l’intreccio polifonico. Seguendo questi principi, le gravità armoniche, seppure non esplicite, mantengono un ruolo centrale nel disegno globale delle composizioni e ne determinano ambientazioni cangianti. Queste scelte mi hanno condotto all’esplorazione di paesaggi sonori archetipici, essenziali dal punto di vista timbrico ma complessi ed articolati nella loro manifestazione corale, in questo non dissimili da alcune produzioni di musica tradizionale dell’Africa centrale che sono state fonte inesauribile d’ispirazione durante tutto il mio percorso d’investigazione creativa.»





Come potrete costatare dalle risposte che Enrico ci ha concesso nell'intervista ne emerge il profilo di un uomo molto concentrato nella professione del musicista, ma anche estremamente creativo ed originale nella pratica artistica della sua professione. Umile e curioso ha saputo produrre un album di altissimo livello, anelando una seri di brani complessi ma allo stesso tempo godibilissimi, esponendo una scrittura articolata che rispecchia con trasparenza la sua personalità. Un artista maturo con i piedi ben piantati a terra che ha fatto della sua vocazione un appassionata professione che conduce con intelligenza non comuni.



Come è nata la tua passione per la musica e perché hai scelto la batteria?

Ho avuto la fortuna di essere cresciuto in un ambiente musicale, i miei genitori amano la musica e la praticano (anche se non professionalmente) da quando sono nato. Quindi in casa mia ci sono sempre stati strumenti musicali di ogni sorta e la batteria non era uno di quelli. Probabilmente la scelta di questo strumento è stata in parte motivata dalla curiosità. È stato un gioco per me, un bellissimo gioco, fino all’adolescenza; periodo in cui ho realizzato di voler vivere di musica e mi sono messo a lavorare in quella direzione.


Quando hai iniziato già pensavi di diventare un jazzista?

Quando ho iniziato a suonare (intorno ai nove anni) direi di no. A quel tempo il mio riferimento assoluto ed incontrastato era Ellade Bandini, batterista importantissimo per la storia della musica pop italiana. Questa passione per Ellade è strettamente legata alla mitologica (almeno per me) figura di Francesco Guccini, cantautore (o cantastorie, come ama definirsi lui) che ho sempre adorato ai limiti del fanatismo e che ancora ascolto con grande coinvolgimento, il mio mito giovanile se vogliamo dirla così.
Il jazz è arrivato intorno ai 13-14 anni, quando ho iniziato a frequentare la Scuola Popolare di Musica di Testaccio.








Come è stato formarsi presso la Scuola Popolare di Musica di Testaccio in Roma?

Era, ed immagino lo sia ancora, una scuola molto incentrata sulla comunità e sui laboratori di musica d’insieme. Oltre ad aver imparato i primi rudimenti del mio strumento grazie ad un paziente e dedito insegnante (Massimo D’agostino) ho cominciato a frequentare miei coetanei interessati al jazz, alcuni dei quali hanno continuato, negli anni, una bellissima carriera da professionisti (Luca Fattorini, Federico Pascucci, Francesco Fratini). Posso, in fine, dire di essere stato molto fortunato ad aver avuto insegnanti non solo validi ma sufficientemente appassionati da trasmettermi il seme della curiosità per questa musica. A proposito di questo vorrei citare in particolare Piero Quarta, Antonello Sorrentino ed un grandissimo musicista che purtroppo ci ha lasciati troppo presto: Maurizio Lazzaro.


Quali sono stati i tuo idoli della formazione?

Oltre ad Ellade Bandini, direi che per quanto riguarda il “jazz” sarebbe riduttivo fare qualunque tipo di selezione in termine di ascolti ed influenze. Posso dire che ci sono state altre figure molto importanti per la mia formazione, ad esempio Marco Valeri (batterista romano che ho sempre adorato e con il quale ho intrattenuto lunghe conversazioni sempre illuminanti) così come molti musicisti attivi della scena romana di qualche anno fa dai quali ho imparato tantissimo, e non sto parlando solo di batteristi…ben inteso. Senza il loro stimolo propositivo forse oggi non sarei qui a fare questa intervista.


Da circa sei anni sei uno dei “ vampirizzati” nel gruppo stabile del Maestro Rava, com'è lavorare con una delle legende viventi del Jazz Nostrano ?

L’ho sempre vissuta con grande serenità. Sono orgoglioso di far parte della sua formazione stabile da così tanto tempo ed inutile dire quanto si possa imparare da una figura come quella di Enrico anche solo scambiandoci due chiacchiere. Chiunque ha avuto il piacere di incontrarlo potrà confermare.






Quali sono i luoghi e le persone che ricordi con più affetto durante i tour in giro per il mondo?

Domanda interessante!
È molto difficile rispondere, intanto perché ho una memoria pessima in generale ed ogni tanto affiorano ricordi dei bei momenti qua e là, persone incontrate ed esperienze vissute. Credo di essere attratto maggiormente dalle piccole realtà in cui lavorano persone vere, spesso senza aiuti statali o cose del genere. Quando ti imbatti in queste realtà ti rendi conto di quanta passione ci vuole per mettere su una macchina organizzativa che abbia come fine ultimo la proposta culturale volta a contrastare l’appiattimento e la mediocrità. Per fortuna in Italia ci sono molte associazioni di persone virtuose in questo senso e, in genere, sono anche le più meritocratiche. Solo per rimanere in ambito romano potrei citare l’Agus Jazz Collective e i ragazzi del “Quadraro In Jazz”.


Quando e perché hai deciso di comporre un intero disco?

Sono diversi anni che penso di scrivere musica mia ma ho sempre fatto i conti con un’estrema pigrizia e con il fatto di non sentirmi sufficientemente “a posto con me stesso” da espormi in prima persona.
Oggi credo di aver accumulato una serie di esperienze che mi hanno aiutato a trovare una sintesi di ciò che mi interessa e di poter esprimere nel modo più sincero possibile una visione che sia mia.
Questo non significa che abbia trovato il “centro di gravità permanente” ma forse è l’inizio di un percorso di accettazione; il disco deve essere una fotografia di un momento ed è auspicabile che il processo di evoluzione personale sia costante e non si fermi mai.



Nella video intervista con S. Zenni si ironizza sul fatto che i batteristi non sanno o non sono interessati agli aspetti armonici di un brano. In realtà esistono, almeno nel jazz, molti batteristi compositori mentre ci sono pochi strumentisti che sanno interpretare il tempo come un batterista, cosa ne pensi?

Che dire…camminiamo in un campo minato di luoghi comuni. Io ti posso dire di aver avuto la fortuna di incontrare lungo il mio percorso sia formativo che professionale musicisti che mi hanno aperto gli occhi sulle infinite possibilità di elaborazione ritmico-metrica e pochi di loro erano batteristi. Allo stesso tempo ho conosciuto batteristi che compongono divinamente e che hanno una visione musicale a 360°. Non credo si tratti di fortuna o di casualità.


Anche se ho sentito la mancanza di una voce intermedia tra la tromba e il contrabbasso, possibilmente alternando il contralto con un tenore, ho percepito molta complicità da tutti i componenti della band, come hai scelto la formazione e come hanno accolto le tue composizioni?

Ho scelto dei musicisti che fossero in linea con la mia visione ed una certa estetica. Questo ha reso tutto molto più semplice. In oltre ho chiamato in causa persone verso le quali nutro una stima incondizionata sia di tipo intellettuale che prettamente musicale, questi presupposti hanno facilitato un processo di scambio costruttivo. La mia musica è stata accolta professionalmente, fin dalla prima lettura ho sentito che con una band di quel livello avrei potuto tirare fuori tutto quello che volevo, ed ho cercato di farlo nel miglior modo possibile.





Sempre con Zenni si parla di Steve Coleman e dei ritmi africani, in realtà io ho percepito certe atmosfere “armolodiche” del primo Ornette Coleman, ma anche alcune sfumature “concrete o contemporanea” molto affini al lavoro di Anthony Braxton. A cosa o chi ti sei ispirato per comporre i brani del disco?

Sono tante le influenze, sicuramente Steve Coleman è una di queste ma non è l’unica appunto. Sono, ad esempio, molto interessato al lavoro di Vijay Iyer, Steve Lehman, Mark Turner, Jonathan Finlayson, Liberty Ellman, Kris Davis, Drew Gress, Dan Weiss, Tim Berne, Ralph Alessi, Craig Taborn, Miles Okazaki, Tyshawn Sorey, Ambrose Akinmusire…per citare alcuni contemporanei. Sui grandi maestri direi che nel mio lavoro si trovano sono sicuramente echi di Ornette, McLean, Rollins, Byard, Monk, Threadgill, Davis, Shorter ed infiniti altri.


Sei interessato anche ad altri aspetti legati alla musica, ad esempio le sue affinità con le discipline scientifiche come le matematica e la geometria, ma anche al suo potere psicologico?

Ne sono senza dubbio affascinato e cerco di leggere ed informarmi sempre di più al riguardo ma chiaramente si aprirebbero porte talmente vaste che forse esulerebbero dal contesto dell’intervista.


Sei nato del 1988 quando il jazz aveva preso percorsi molto lontani dalle sue radici mescolandosi al rock ed all'elettronica, oggi si è ritornati ad un approccio più acustico. Sicuramente i tuoi ascolti sono stati anche di altro genere, cosa ti piace ascoltare? … suoni altri generi musicali?

Ti stupirò. A differenza di molti (quasi tutti) miei coetanei non ho un passato nel rock. Non è una cosa di cui vado fiero ma sicuramente è la verità. Come già accennato sono cresciuto fra la canzone d’autore, repertori di musica popolare e jazz…questo è il mio background con il massimo della trasparenza. Negli ultimi anni è subentrato un interesse per la musica delle avanguardie del ‘900 e la mia curiosità per la tradizione popolare italiana si è estesa ad un interesse per le musiche folcloriche del mondo, in particolare quella africana.


Sperando che questo momento storico si risolva il prima possibile, quali sono i tuo progetti per il futuro?

Portare in giro “Cyclic Signs” sarà la mia priorità. Per il resto spero di riprendere la mia solita attività da sideman con le band che mi vedevano coinvolto direttamente prima della pandemia e, anche in questo versante qui, ci sono molte novità in arrivo!





www.enricomorello.com

https://auand.com/


brani

01 The Forest People
02 Persephone's Dance
03 Sometimes, During The Night
04 What Happened On The Road
05 Walking Together
06 Drills In My Brain
07 Tales De Hadas
08 Playful
09 Natural Movement
10 Quite Close
11 Ghost Truck
12 The End Is The Beginning


Artistic producer: Enrico Morello

Executive producer: Marco Valente

Inner photos by Anita Martorana

Graphic designer: Riccardo Gola


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