martedì 31 gennaio 2017
lunedì 30 gennaio 2017
In uscita il
3 febbraio 2017 per la Cam Jazz
Jacopo
Ferrazza pubblica l’album d’esordio “Rebirth”
concerto di
presentazione alla Casa del Jazz
Ferrazza, classe 1989, si cimenta qui con la sua prima prova da leader in un album nel quale confluiscono non solo le sue già numerose esperienze musicali, ma anche una componente emotiva molto forte che permea le 9 tracce dell’album. Il concept del disco sembrerebbe quasi quello del romanzo di formazione, in questa sua volontà di imbrigliare e spiegare un mutamento esistenziale attraverso la musica. Ciascun brano attraversa, raccontandoli, diversi stati d’animo, per culminare nella “rinascita” raccontata proprio dal brano che dà il titolo all’album.
Living The Bridge si configura come una delle composizione più intimiste di Rebirth. Il ponte del titolo è quello che collega i momenti di stasi ai grandi cambiamenti della vita, e di quella calma solo apparente sa farsi interprete la musica di Ferrazza. C’è un movimento sotterraneo che ne percorre le atmosfere dilatate, ben scandito dalla batteria di Vantaggio.
Atmosfere cupe in un brano suddiviso in 5 movimenti: After Wien è una continua altalena tra passato e presente. Liberamente ispirato al Prometheus di Alexander Scriabin, la composizione è caratterizzata da diversi temi di chitarra classica che rappresentano i flashback in contrapposizione al “realismo” della batteria.
Notturno e Il Teatro dei Rami sono un tuffo nel mondo onirico di Ferrazza, mai scevro comunque da una particolare tensione, a sottolineare turbamenti e riti di passaggio. Lovers in Gravity, con le sue lunghe fughe per chitarra e contrabbasso ad amplificare una certa cupezza del brano, si caratterizza anche per l’energica batteria di Vantaggio che conferisce alla traccia un appeal quasi rock.
Nel mezzo, Pirandello Madness, unico episodio dell’album a firma di Stefano Carbonelli, una suite perfettamente incastonata in questa sorta di flusso di coscienza ininterrotto.
Lo stesso che trova compimento nell’ultima traccia, Rebirth, non a caso la più lunga del disco, che ne rappresenta il compendio ideale con la sua capacità di raccontare, attraverso la musica, la complessità di un musicista che, nonostante la giovane età, ha vissuto già abbastanza da potersi permettere di rinascere.
FORMAZIONE
Jacopo Ferrazza, bass
Stefano Carbonelli, guitar
Valerio Vantaggio, drums
TRACKLIST
01 Indigo Generation
02 Blind Painter
03 Living The Bridge
04 After Wien
05 Notturno
06 Pirandello Madness
07 Lovers In The Gravity
08 Il Teatro Dei Rami
09 Rebirth
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www.jacopoferrazza.com
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domenica 29 gennaio 2017
giovedì 26 gennaio 2017
Rosario
Bonaccorso
In
concerto alla Casa del Jazz domenica 29 gennaio
presenta
il nuovo album “A beautiful story”
Domenica
29 gennaio alle 21.00 alla Casa del Jazz di Roma, Rosario Bonaccorso
presenta il suo nuovo album “A Beautiful Story”
in uscita il 27 Gennaio
2017 per l’etichetta Jando Music/Via Veneto Jazz.
Sul
palco con lui, tre giovani “leoni”
del jazz italiano: Dino Rubino
al flicorno, Enrico Zanisi
al pianoforte e Alessandro Paternesi
alla batteria.
Dopo
l'ultimo capitolo "Viaggiando" firmato nel 2015 sempre per
Jando Music/Via Veneto Jazz, la lunga storia musicale di Rosario
Bonaccorso prosegue, arricchendo il suo percorso discografico, di
band-leader e compositore. “A
Beautiful Story” apre, quindi, un nuovo capitolo nel mio percorso
musicale di Rosario: dopo la trilogia scritta sul tema del viaggio
(Travel Notes, In Cammino e Viaggiando), questa volta vengono
esplorati i momenti di vita e i sentimenti, l’età che avanza,
l’amore che vive, il passato, l’amicizia e tante altre storie.
Ho
la fortuna di vivere la vita che sognavo fin da ragazzo
- afferma Rosario -
e forse questa è la mia vera
“Beautiful Story”. Per
trasformare e fissare in musica queste fotografie di vita, Bonaccorso
ha lasciato che la melodia uscisse da sola, libera e ispirata. Questo
cd ne è il risultato.
Le
dodici composizioni da lui firmate per "A
Beautiful Story", che è
anche la title track dell’album, conquistano fin dal primo ascolto,
la musica sorprende, spazia e ci trasporta in quel suo raffinato
universo personale, dove si rinnova la forza della scrittura di
Bonaccorso, che conquista l’ascolto per profondità e bellezza.
Per
questo nuovo lavoro discografico il contrabbassista ha chiamato al
suo fianco Dino Rubino al flicorno, Enrico Zanisi al pianoforte e
Alessandro Paternesi alla batteria. Tre
giovani “leoni” del jazz italiano già apprezzati nel panorama
europeo. C’è una magia speciale
nella
direzione
musicale e nel suono raffinato di questo quartetto, in cui spicca
quel gusto tutto italiano di creare musica, di cui Rosario Bonaccorso
da tempo è apprezzato rappresentante e portavoce. Fin
dalla prima nota insieme –
ricorda Bonaccorso - si
è creato immediatamente un rapporto umano e musicale straordinario.
Quando suoniamo sento che freschezza improvvisativa, conoscenza della
tradizione, libertà espressiva, maturità, un po’ di pazzia, si
fondono insieme e soprattutto, abbiamo creato un nostro suono,
questo era quello che cercavo. Quando poi rifletto che ognuno di loro
ha trent’anni meno di me, penso a quanto sia meravigliosa la nostra
vita artistica; in un momento si cancellano le età, la mia e la
loro, e rimane solo quel che si ha da dire in modo puro.
Rosario
Bonaccorso “A Beautiful Story”
Domenica
29 gennaio ore 21.00
Casa
del jazz
Viale
di Porta Ardeatina, 55
Infoline
06 704731
Ingresso
10 euro
FORMAZIONE
Rosario
Bonaccorso| contrabbasso
Dino
Rubino| flicorno
Enrico
Zanisi | piano
Alessandro
Paternesi | batteria
Tracklist:
01
- A Beautiful Story
02
- Come l’Acqua tra le dita
03
- Der Walfish
04
- Duccidu
05
- My Italian Art of Jazz
06
- This is for You
07
- Storia di una Farfalla
08
- Minus One
09
- Tango per Pablo
10
- Lulu’ e la Luna
11
- Freddie
12
- You Me Nobody Else
Tour
26/01 Fano,
Fano Jazz Club
27/01 Perugia,
Ricomincio Da Tre
29/01 Roma,
Casa Del Jazz
31/01 Verona,
Cantine Dell'arena
02/02 Vicenza,
Bar Borsa
03/02 Bolzano,
Jazz Al Laurin
04/02 Mestre,
Al Vapore Jazz Club
05/02 Milano,
Blue Note
06/02 Venezia,
Laguna Libre
07/02 Venezia,
Laguna Libre
24/02 Sestri
Levante, Mattana
26/02 Imperia,
Teatro Spazio Vuoto
26/03 Jazz
Matineee' Del Mendrisiotto (Ch)
06/04 Puglia Bari
- Rassegna Mirarte e tba
07/04 Puglia Bari
- Rassegna Mirarte e tba
08/04 Puglia Bari
- Rassegna Mirarte e tba
21/05 Marktoberdorf
(D)
24/05 Sant
Gallen (Ch)
25/05 Gossau
(Ch)
01/06 Bregenz
(A)
02/06 Kisslegg
(D)
16/06 Laiguelia
Percfest
mercoledì 25 gennaio 2017
lunedì 23 gennaio 2017
sabato 21 gennaio 2017
Korosekorò Blues
Grazie
all'impegno di molti ricercatori oggi esistono numerosi libri di
etnomusicologia che ci informano sulle origini delle varie correnti
musicali. Informazioni molto distanti dai stereotipi imposti delle
“menti colte del passato”. Uno di questi falsi miti è proprio
quello che indica … l'Africano come un individuo inferiore che si
diletta nel canto e nella danza, tanto non potrebbe fare altro,
diventando un discreto intrattenitore ...
Il primo errore
che ci portano a fare queste false verità, è quello di immaginare
l'Africa come se fosse un unica nazione, come se tutti i suoi milioni
di abitanti vivessero insieme sotto un' unico tetto. In realtà la
condizione africana e più complessa, soprattutto oggi dopo la
spartizione selvaggia dei paesi colonizzanti.
Secondo, come è
vero che non tutti in Italia suonano il mandolino e sanno fare la
pizza, purtroppo, anche in Africa non tutti si dedicano o sono
automaticamente portati per la danza o il canto. Sicuramente, mentre
l'Italia ha perso alcune pratiche artistiche e culturali in favore di
altre più commerciali, la musica in tutto il continente Africano ha
avuto, ed ha ancora, un ruolo importante nella quotidianità dei
suoi numerosi popoli.
In passato
esisteva un'Africa nord sahariana , in prevalenza di religione
Mussulmana e di lingua araba, e un'altra sud sahariana , costituita
da numerose popolazione animiste divise in vari ceppi linguistici. In
mezzo a questa spartizione geografica c'è appunto il Sahara, il
grande fiume di sabbia popolato dalle tribù nomadi che fungevano da
tramite tra le due realtà.
Prima
dell'arrivo dei coloni, l'Africa non era un paese sperduto, ma aveva
avuto le sue guerre e i suoi imperi. Tra questi l'Impero Mussulmano,
che dopo aver conquistato tutto il nord del continente ha raggiunto
anche i paesi dell'Africa occidente, il cosi detto Corno d'Africa,
apportando significative modifiche nelle loro culture.
Dopo la scoperte
delle Americhe, il Corno d'Africa venne preso d'assalto dai coloni
Europei, assetati trafficanti di sciavi e non solo. Durante questa
atroce mercificazione umana, nel continente si formarono all'interno
dei vari regni delle figure importati, dette Griot.
In realtà la
parola Griot è un eufemismo ricavato da una storpiatura di una
parola francese, che sta ad indicare un cantastorie , ossia, secondo
le culture euro colte … un banale intrattenitore.
Anche se oggi
questa parola ha acquisito un valore più nobile, il nome cambia di
tribù in tribù, la figura del Griot è qualcosa di più complesso.
Il Griot non è un'arte ma un mestiere, o meglio l'arte di fare un
mestiere. Non tutti possono intraprendere questa strada ma solo
alcuni prescelti. Il Griot è il depositario della parola, in una
cultura orale la parola ha un peso importate ... determinante, nel
suo praticantato apprende le formule del dialogo, come esporre i
concetti , raccontare la storia del suo popolo, far accordare due
fazioni opposte, consigliare il Re, calmare gli animi e mettere pace
nello spirito del prossimo.
Per fare tutto
questo il Griot oltre al canto utilizza diversi strumenti musicali,
non per intrattenere, ma per dare un' enfasi più teatrale alle sue
parole, cercando di coinvolgere e colpire affondo i cuori di chi lo
ascolta.
Questa è anche
la storia di Baba Sissoko, noto musicista maliani nato a Bamako.
Nonostante la tradizione esige che sia il primogenito a portare
avanti la tradizione di famiglia, il fratello maggiore preferirà
dedicarsi alla pittura, verrà scelto Baba, secondogenito . Il nonno
paterno,del quale porta il nome, aveva predetto il suo destino …
ancora prima che io nascessi, mio nonno materno aveva chiesto ai miei
genitori se potevano chiamare il bambino che stava arrivando col suo
stesso nome, loro gli chiesero perché e lui rispose che questo
bambino sarebbe stato educato da lui stesso perché sarebbe stato
speciale...Baba accetterà con onore e immenso piacere il suo
destino, girerà il mondo col suo tamburo parlante chiamato Tamani,
la leggenda narra che è stato proprio uno zio di Baba ad inventare
questo strumento, un piccolo tamburo a frizione di circa 30 cm , che
monta due pelli di iguana unite tra loro da un fascio di stringhe. Ma
Baba non suona solo il Tamani, del quale è considerato il maestro
assoluto vista la sua abilità nell'intonare un'intera scala musicale
su di esso, ha appreso anche l'arte dello Djeli N'goni, strumento a
quattro corde molto simile al monocordo egizio, del Canto e della
Parola, ampliando il suo apprendistato anche grazie all'esperienza
del padre ,dalla madre e da altri zii, tutti impiegati nell'arte del
Griot o meglio Djeli.
In seguito Baba
inizierà una lunga carriere nella Band di Habib Koite, il quale lo
guiderà tra i vari generi musicali provenienti da tutto il mondo, ma
sarà il Blues ad attirare l'attenzione di Baba, già dai primi
ascolti nota le similitudini ritmiche con il suo paese, soprattutto
con il ritmo Bambara chiamato Korosekorò … oggi posso dire che il
Blues ha origine dal Korosekorò.
Grazie alle sue
abilità, avrà l'opportunità di incontrare , collaborare e ricevere
consigli da artisti Africani di fama internazionale come Fela Asson
Kuti, Youssou N’dour, Toumani Diabate, Salif Keità, Oumou Sangare,
Ali Farka Toure, Boubacar Traore Kar Kar ,Ami Koita, Kandja Kouyate,
Nagnini Diabate, Babani Kone, Dialou Damba, Hadja Soumano, ma anche
da Santana, Sting, Angelique Kidjo ecc.
In questi ultimi
anni Baba , dopo aver peregrinato per il mondo, ha deciso di
stabilirsi in Itali, precisamente in Calabria, dove è nata sua
mogli, con la quale ha avuto tre figli, Djana, Giulia e Roberto .
… Spero che i
miei figli possano essere come me, dei musicisti e che l’ispirazione
che mi danno ogni giorno possa darmi la forza di continuare nella mia
ricerca musicale fino al giorno in cui loro prenderanno il mio
posto...
Negli anni
abbiamo assistito a diversi concerti di Baba Sissoko, coma al
Trasimeno Blues ,al Big Mama e al Mojo Station Blues Festival, in
tutti si è dimostrato un artista completo e professionale, doti per
le quali ha ricevuto numerosi riconoscimenti, per la sua arte e il
suo impegno sociale, ma ha sempre mantenuto i piedi per terra, si
presenta sempre con umiltà al suo pubblico, non nega un sorriso e
delle belle parole a nessuno , lui è depositario di quell'esperanto
che riesce ad unire tutti …. la Musica …. una musicalità
indotta, coinvolgente.
Oggi è
coinvolto in numerosi progetti musicali, che lo vedono districarsi
egregiamente dal Jazz al più modero Afro Beat, formazioni
orchestrali, quartetti duo e One Man Band, molto eccitanti sono le
collaborazioni con Antonello Salis e il duo con la figlia Djana.
Per
comprendere meglio l'universo sonoro di Baba Sissoko vi parlerenmo
dell'album Three Gees, un ottimo disco prodotto da Luca Sapio e
pubblicato il 16 aprile del 2015 per la Blind Faith Records, nel
quale troviamo due illustri collaboratori, il percussionista
Fernando Boogaloo Velez in diversi brani e il Bluesman Corey Harris
alla chitarra slide in Dhe Dhe Dhe.
Per Three Gees
Baba ha scelto di unire le voci della figlia Djana e di sua madre
Djeli Mah Damba Koroba, ponendo la sua da ponte tra le due
generazioni.
Già delle prime
note del disco si avverte abbondantemente la mano del produttore
negli arrangiamenti tipici della Black Music Africano Americana, un
ambiente sonoro inedito nella precedente produzione di Baba Sissoko,
nel quale però si muove con fluida capacità , sono molto piacevoli
le combinazioni sonore, il tradizionale Djelì N'gonì che dialoga
con l'organo Hammond oppure il Tamani che articola ritmi vertiginosi
mescolandoli ai ruggiti dei fiati.
Ma la
peculiarità vera risiede nelle due voci femminili che aleggiano
sinuose in tutti i brani, soprattutto in Doni Doni, E Mamada e in Il
Faut Pas Ecouter, dove il contrasto tra la moderna voce soul di Djana
si unisci a quella ancestrale della nonna Mah Damba Koroba dando vita
a magiche suggestioni che ci conducono in luoghi senza tempo.
Tutto il disco è
piacevolissimo e altalenante, passando dall' elettronica alle
ambientazioni acustiche con agile disinvolture, senza forzature e
aderenze.
Una volta
ridotto in macerie il luoghi comuni abbiamo avuto l'opportunità di
focalizzare un uomo che fa della sua vita e del suo lavoro un'arte,
senza cadere negli stereotipi e nelle facili produzioni commerciali.
Auguriamo a
Djeli Baba Sissoko di progredire nel suo viaggio iniziato in Mali con
i rudimenti del Korosekorò Blues.
Three Gees
Blind Faith
Records
01 Aiulado
02 Kali Baba
03 Doni Doni
04 A Bo Li La
05 Black Rock
06 Il Faut Pas
Ecouter
07 Kele Kele
08 E Mamada
09 Angha Sabali
10 Griot
11 Dhe Dhe Dhe
http://www.babasissoko.com
http://www.babasissoko.com/it/news/209-baba-sissoko-three-gees
http://www.blindfaithrecords.it/
Ps. Chi è interessato può richiedere la copia PDF sulla mail thebordermusic@gmail.com