lunedì 4 gennaio 2021

Stranger at the Gate

                       by Gabriele Caporuscio









Sir Caporuscio  è un noto musicista e didatta della capitale, dopo aver coltivato un forte interesse per l'etnomusicologia, ha intrapreso lo studio approfondito della musica classica indiana e di quella arabaspecializzandosi in strumenti quali il sitar, l’oud e il saz. Ha collaborato per molti anni con numerosi gruppi di musica etnica e rock della capitale come Unnaddarè, Rino Ceronti, Ogopogo e Sansura. Di recente si è impegnato nello studio del mandolino, del banjo e del bouzouki irlandese. In particolare si è soffermato sulla tradizione musicale irlandese e del centro-sud Italia, con i gruppi Red Pack e Scantu de Core (musica salentina), nonché sulla musica dell’est europa e  su composizioni originali con il  gruppo romano Turàn Trio.  Nell’ambito della musica irlandese suona da anni con il noto violinista tradizionale Marco Fabbri e ha condiviso il palco con alcuni dei più importanti musicisti di questa scena musicale, tra cui Christy Leahy (North Cregg) e Kevin Crawford e Cillian Vallely (Lunasa) sia come solista che come accompagnatore e cantante. Attualmente fa parte di diversi gruppi di musica irlandese, Hurry Up!, Ace & Deuce e Sea-Change (in duo con Laura Torterolo, cantante dei Birkin Tree), di musica del centro-sud Italia, Transumanze popolari, e dell’est europa con i Turàn Gipsy Quartet.

Nel corso della sua vita artistica ha suonato su numerosi palchi di prestigio nazionale e internazionale. Tra gli altri il Palace Theatre di Soho a Londra, al concerto tenutosi per celebrare il ventesimo anno della morte di J.Lennon, nei principali teatri della provincia di Ragusa in un tour siciliano nel novembre 2006, per il progetto Terrarrussa che celebrava il centenario della CGIL, all’Umbria Folk Festival di Orvieto, nonchè in numerosi festival di musica tradizionale irlandese e delle aree celtiche in Italia, quali Montelago Celtic Festival, Druidia, Matese Friend Festival, CAMPOfestival di Campo Ligure e l’Irish Music Festival di S.Margherita Ligure (GE), l’Eire! Festival di Bondeno (FE), e in Irlanda due edizioni dell’Ennis Trad Fest (2016 e 2018) e numerosi altri festival di musica tradizionale, oltre ad essere ormai da diversi anni assiduo frequentatore delle migliori session di musica irlandese in Italia (Roma, Genova, Bari, etc.) e in Irlanda (Belfast, Dublino, Ennis, Cork, Galway e oltre).






Per raccontarvi le calde suggestioni, i colori e i profumi che il "nostro", col la collaborazione di alcuni amici nonché altrettanto professionali artisti, ha saputo riportare e descrivere nell'album, abbiamo deciso di chiedere direttamente all'autore di parlaci di tutte quelle magiche emozioni che un rigoglioso paesaggio come l'Irlanda e la sua sempre "verde" tradizione sanno generosamente donare.



Come nasce la tua passione per la musica?


A 10 anni mio fratello mi fece ascoltare i grandi cantautori americani, James Taylor, Jim Croce, Simon & Garfunkel di cui sono tutt’ora innamorato. Poi un suo amico che suonava la chitarra mi fece ascoltare un pezzo di chitarra arpeggiata un po’ folkeggiante e all’istante decisi ‘voglio suonare la chitarra!’ e dopo tre giorni ne avevo già in mano una!. Poi arrivarono i Pink Floyd nella mia vita e le cose si fecero serie…

Quali sono state le tue prime esperienze?


Studio della chitarra classica dagli 11 ai 13 anni. Mi piaceva molto la musica classica, ma non lo studio dello spartito, ben presto mi dedicai alla musica imparata ‘a orecchio’, molto più agevole per me che sono fondamentalmente un musicista di ‘tradizione orale’.



Come sei arrivato a studiare il sitar e la musica classica indiana?


La mia passione per la musica tradizionale di ogni parte del mondo è iniziata molto presto, forse intorno ai 15 anni, avevo sentito il sitar suonato alla ‘hippie’ nei dischi rock e mi piaceva molto il suono che emetteva. Poi, all’incirca intorno al 1994-95, a Piazza Vittorio, passai davanti ad uno dei primi empori gestiti da indiani della capitale e vidi esposto proprio un esemplare di sitar. Entrai e chiesi di provarlo. Era totalmente scordato ma fui rapito dal suono come da un’illuminazione. ‘E’ mio!’ mi dissi. Misi da parte i soldi e dopo pochi mesi lo comprai. Dopo un paio d’anni, era il ’98-’99, venni a sapere dei corsi di musica classica indiana dal negozio di strumenti dal mondo Jacaranda del mio amico Sergio Chiesura che si trovava proprio dietro piazza Navona. Lui mi fece conoscere i corsi di musica organizzati da Carlos Santamaria che si tenevano ad Arezzo ogni anno a novembre. Conobbi e studiai con alcuni tra i più grandi maestri della musica industana, Pt.Manilal Nag, Ustad Shahid Parvez, Ustad Shuujat Kan e molti altri. Sergio mi presento’ anche il mio primo vero maestro, Aki Montoya di Berlino, allievo di Pt.Budhaditya Mukherjee. Poi grazie a Gianni Ricchizzi della scuola/ashram di Saraswati House, Assisi, conobbi il mio secondo maestro, il grande Pt.Amarnath Mishra, che purtroppo è scomparso qualche anno fa, ma che rimarrà sempre nel mio cuore.


Quando nasce la tua passione per la musica tradizionale irlandese?


Ascolto musica irlandese, scozzese e inglese dall’età di 15 anni, più o meno, e ho visitato quei luoghi più e più volte nella mia vita, soprattutto negli ultimi anni. Poi, circa 10 anni fa, sentii il bisogno, dopo altrettanti anni di studio della musica classica indiana, di lasciare quel mondo in stand-by e dedicarmi ad una musica meno ‘seriosa’ nello spirito e nel contesto, che potesse però soddisfare la mia ricerca di qualità tecnica, musicale, artistica e perchè no anche dell’anima. Tutte caratteristiche che ritrovavo perfettamente mio primo amore musicale dell’adolescenza, la musica irlandese. Con questa tradizione, anch’essa seria e raffinata, potevo permettermi di bere una birra e un whisky in allegria e allo stesso tempo di suonare una slow air o una canzone di profondità e solennità uniche guardando l’immensità della natura d’Irlanda. Un compromesso perfetto per la mia indole. Profondità e giovialità al tempo stesso.


Questo album lo hai registrato durante il primo Lockdown, è stato una sorta di auto aiuto per superare le avversità dell'isolamento?


Si, assolutamente. La musica è stata la compagna ideale in quel periodo. Mi ha dato la forza di reagire, di creare. In quel periodo di confinamento forzato e di grande introspezione e meditazione, ho potuto riflettere a fondo e costruire una setlist che rispecchiasse al 100% tutti gli stili, i generi e i repertori della tradizione irlandese che mi hanno influenzato negli ultimi 10 anni e che hanno contribuito a creare il musicista che sono oggi.



Raccontaci come hai concepito l'album, qual'è il messaggio che vuoi divulgare, perché hai selezionato questi brani?


Lockdown iniziato da poco. Una delle tante notti in cui si è fatto tardi. Nel letto al buio a pensare. Illuminazione…un titolo…Stranger at the Gate (il nome di un reel non troppo conosciuto, ma che ho sentito spesso suonare dai miei amici a Belfast) …perfetto mi sono detto! Sono io lo straniero che bussa alla porta ogni volta che vado dai miei amici irlandesi. E loro ogni volta mi accolgono a braccia aperte! Poi tutta la setlist, praticamente come la si può leggere oggi sul disco, l’ho concepita in 10 minuti.

A quel punto non mi restava che accendere i computer i microfoni e cominciare a registrare.

Come dicevo prima, i brani sono di provenienza composita. Ci sono pezzi strumentali da danza come jigs e reels, suonati con diversi strumenti (ovviamente il paradiso per chi ama gli strumenti a corde!), mandolini, mandola, chitarra, banjo, bouzouki, violino e anche ospiti importanti con strumenti importanti, il violino di Marco Fabbri, l’organetto e il melodeon di Christy Leahy, Dario Gisotti al whistle e alle Uillean Pipes (cornamusa irlandese), Emanuele Sassetti al whistle e al flauto irlandese e Maurizio Di Giacomo alla chitarra. Poi ci sono 6 canzoni, da Scozia e Irlanda, di cui 2 cantate insieme a Laura Torterolo, voce degli storici Birkin Tree. Altri brani sono di tradizione semiclassica (uno del compositore barocco, l’arpista cieco Turlough O’Carolan) e anche una struggente slow air a chiudere il disco. Il messaggio della mia musica vuole essere di inclusione, accoglienza, forza e speranza. Così come accoglienti, forti e piene di gioia e speranza sono state la musica, la gente e la cultura d’Irlanda con me. L’incontro di un luogo e di un’anima che dopo essersi visti per la prima volta non si lasceranno mai più. L’apertura e l’incontro di matrici, culture, esperienze diverse rappresentano l’unica vera possibilità che abbiamo come esseri umani di creare un mondo migliore e un futuro diverso.


Suoni con grande padronanza diversi strumenti nell'album, stai ricercando un suono che ti distingua o è la rappresentazione di un insieme di suoni che descrivono le diverse raffigurazioni della tua personalità?


Beh, a parte gli interventi dei miei amici/ospiti (di grande qualità e valore), effettivamente tutti gli strumenti sono suonati da me. Non cerco affatto di distinguermi suonando questa musica, ma di rappresentare lo spirito con cui mi avvicino a questa tradizione e la mia personalità. L’amore per la tradizione, per il banjo, il bouzouki, il mandolino, il violino e il canto, e la ricerca di un mio stile personale che parta sempre e non prescinda mai da quella tradizione.



Quale musica ascolti e quanto influisce nel tuo modo di suonare ?


Adoro tutta la musica. Dalla classica all’elettronica, al Jazz e al blues. Ma ovviamente i miei generi preferiti sono il rock (soprattutto anni’70), la musica tradizionale e i cantautori americani, inglesi, scozzesi e irlandesi (ma anche italiani). Ultimamente mi sono innamorato e sto studiando anche la musica tradizionale greca che è un mondo fantastico di suoni e atmosfere struggenti e antiche.



Pensi di continuare il tuo percorso artistico nella tradizione irlandese o hai atri “ paesaggi sonori” dei quali vuoi proporre una tua visone?



Penso di continuare di certo con la mia grande passione per questo genere, ma come già accennavo, vorrei dedicarmi anche alla musica greca e riprendere anche quella indiana (che al momento continuo ad insegnare), nonché dedicarmi ad un progetto musicale tutto mio e originale in cui fondere in maniera più ‘libera’ tutte le influenze e i generi che ho approfondito negli anni, con un sapore psichedelico e visionario. Sogni nel cassetto…






Musicisti:

Gabriele Caporuscio - Banjo, Irish and Greek bouzouki, mandolin, bass mandola (track 15), guitar, tenor guitar (track 12), fiddle (tracks 4, 5 and 6), voice, organ drone (track 9)
Emanuele Sassetti - Flute (track 6), whistles (tracks 2 and 12) and bodhran (track 6)
Laura Torterolo - Voice (tracks 5 and 7)
Christy Leahy - Button accordion (tracks 7 and 8) and melodeon (track 8)
Marco Fabbri - Fiddle (tracks 10 and 11), viola (track 10)
Dario Gisotti - Uillean pipes (track 11) and whistles (track 14)
Maurizio Di Giacomo - Guitar (track 15)




Brani:

 Big John's Set: Big John's/ The Watchmaker/ The Old Maid of Galway (Reels) 04:33

The Ghost of Willie-O 03:42

The Clare Set: Sergeant Early's Dream/ Porthole of the Kelp/ The Torn Jacket (Reels) 03:58

Fahey's Jigs: no. 1/4/2 04:00

Willy O'Winsbury 06:24

Stranger Set: Mother's Delight/ The Twelve Pins/ Stranger at the Gate (Reels) 04:23

Shan Van Vocht 03:37

G Jigs: Dermot Byrne's/ The Angry Peeler/ Miss Walsh's 04:11

Miltown Set: The Old Road to Miltown/ Farewell to Miltown/ Murphy’s Greyhound/ 

The West Clare Railway (Hornpipe & Reels) 05:15

The Snows They Melt the Soonest 03:54

Christmas Reels: The Holly Bush/ Christmas’ Eve/ Christmas Day/ New Year’s Eve 05:39

Loftus Jones (O'Carolan) 03:41

Harrington's Jigs: The Yellow Wattle/ Out of the Mist/ Tell Her I Am 04:24

The Death of Queen Jane 05:30

An Chúilfhionn (The Coolin) 02:10





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