lunedì 26 maggio 2025

MAP OF A BLUE CITY

MARC RIBOT






Ribot racconta che quando sua figlia era bambina e lui un giovane padre, disegnò la mappa di una città in un blu intenso, ricco e vivido. Quando lui elogiò la sua mappa blu, lei lo corresse...
" non è una mappa blu, ma la mappa di una città blu". 
Quella distinzione gli rimase impressa e alla fine ispirò una curiosa canzone intitolata "Map of a Blue City", la traccia che da il titolo all'intero album.







Dopo una lunga gestazione, per il suo ultimo disco Marc Ribot ha deciso di tirare fuori la voce , lo fa in maniera delicata (Elizabeth - Say My Name - For Celia ), vibrante (Map of a Blue City - Sometime Jailhouse Blues), introspettivo(Death of a Narcissist - Daddy's Trip to Brazil). La voce è tremolante , incerta, svela riflessioni sussurrate dal proprio inconscio. Sentimenti forti e mutevoli, accomunati da una amore incondizionato per l'arte di stare al mondo da accettare o combattere con ogni mezzo.





Unico brano strumentale è Optimsm of the Spirit, un viaggio sonoro in una ipotetica Gost City, un lontano e cupo trambusto che poi risolve in piccoli raggi di sole.






Le tracce sono un collage di registrazioni casalinghe e  in studio, tutte composizioni originali ad eccezione di due brani, un originale interpretazione di " When the World's on Fire" dei Carter Family e il suo adattamento della poesia del 1949 di Allen Ginsberg, "Sometime Jailhouse Blues".





Questo disco racconta le fragilità intime dell'essere, una fragilità che ti scuote , che può farti cadere, una fragilità che rivela un'umanità immensa e sconfinata.

"Ci sono dure verità e fredde osservazioni in queste canzoni. Volevo che lo spazio fosse abbastanza piccolo da non poterci voltare dall'altra parte: ma abbastanza caldo da dare la sensazione di ascoltare la musica da un amico." Ribot













Christina Courtin – viola (1, 4)
Pico Alt – violin (1, 4)
Christopher Hoffman – cello (1, 4)
Greg Lewis – Hammond B3 organ (3)
Tony Lewis – drums (3)
David Pilch – bass (3, 4)
Doug Wieselman – flute & sax (4)
Ted Reichman – accordion (4)
Jeremy Gustin – drums (4)
Ches Smith – glockenspiel (5)
Eszter Balint – background vocals (6)
Francois Lardeau – drums & percussion (9)
Marc Ribot – all guitars & vocals

lunedì 27 gennaio 2025

Descansate Niño


Verde spettacolo in corsa da inseguire
Da inseguire sempre, da inseguire ancora
Fino ai laghi bianchi del silenzio
Finché Atahualpa o qualche altro Dio
Non ti dica: “Descansate niño
Che continuo io”
“Alle prese con una verde milonga”, Paolo Conte




Descansate Niño è un racconto a due vie, da una parte è una storia autobiografica dall'altra è il tentativo di fotografare una generazione.
Athaualpa è la divinità immaginata da Paolo Conte che viene a sospendere gli indugi di un musicista intento a tergiversare sui tasti di un pianoforte alla ricerca dei mille significati, delle molteplici traiettorie e prospettive che una canzone può intraprendere prima di nascere. Mettere nero su bianco tanta musica che ho attraversato in questi anni è stato un gesto, per il momento che vivevo e la storia da cui arrivavo, sofferto e liberatorio allo stesso tempo.

C'è un'altra storia che vuole indagare questa musica e questo titolo, un'altra prospettiva, che è il racconto di una generazione, la mia, nata negli anni del boom economico, diventata brutalmente adulta per le strade di Genova allo sbocciare del millennio e poi resa inerte dalle crisi economiche degli anni a venire che ne hanno cancellato speranze, sogni e illusioni. Una generazione costretta all'eterna giovinezza, perennemente incastrata dalle tecnologiche necessità formali dell'apparenza in una retorica del "nuovo" a tutti i costi, di un utopico progresso senza radici.





In questa musica ci sono le mie radici che a fatica ho piantato negli anni della rabbia, ci sta la voglia e l'orgoglio di crescere per mettersi al servizio della propria storia, Descansate Niño è il mio intimo sguardo sul mondo che mi ha ospitato, il primo da uomo adulto.






Per questo suo nuovo lavoro molto intimo ed introspettivo Ancillotto ha scelto gli amici colleghi di sempre che meglio conoscono la sua storia e sanno come aiutarlo a raccontarla.

Alla batteria troviamo Alessandra D'Alessandro, batterista romana molto attiva nel territorio  capitolino, grazie al suo stile libero da schemi preconfezionati viene spesso coinvolta in progetti creativi di grande respiro. 
Oltre a tessere ricche trame di accenti in tutti i brani ci regala un'ottima dimostrazione del suo ampio linguaggio ritmico nel brano Hikikomori, che significa "stare in disparte" e che parla di solitudine. 
Con la sua "chitarra/organo" Ancillotto crea una cattedrale di suoni struggenti dando vita ad un flusso continuo ed etereo.







A completare il trio al basso troviamo Marco Zenini  che fa da collante e spina dorsale a tutto il progetto, interpretando con grande precisione la seconda traccia che Ancillotto ha dedicato ad uno tra i più interessanti contrabbassisti che animano l'ambiente musicale romano, Igor Legani.





  


Ad accentuare la romanità del trio, Ancillotto inserisce nell'album due brani di autori romani, "se telefonando di Ennio Morricone" interpretato magistralmente con una chitarra acustica che ricorda molto le incisioni Windham Hill Records.
L'altro brano è "sennò me moro di Carlo Rustichelli", qui rimaneggiato come fosse un brano di Tom Waits accompagnato dalla chitarra "six string samurai" di Jim O'Rourke, comunque intenso ed accorato come l'originale.








Gli ascolti di Ancillotto sono numerosi e di generi diversi, tutti accomunati da una malinconica nostalgia ed un sincero umorismo, come Demodé che è una lenta cavalcata alla Santo & Jhonny, Chattiña che ricorda un duello degno della regia di Sergio Leone dove i due pistoleri coinvolti sono Paolo Conte e Fred Buscaglione. Poi ce' Flemma un brano che sembra estratto da un vecchio Commodore64 che fa da colonna sonora ad un fumetto noir.





Rimane "Via Aurelia 253", che è ...

... "il luogo in cui l'idea di questo racconto ha avuto inizio e nel quale si è sviluppata, allo stesso tempo è la casa in cui sono radicate le origini della mia famiglia e dove potete venire a portarmi dei doni."


Si tratta di un brano onirico, corale, dove i tre si abbracciano in un solo corpo sonoro, una storia comune, di tutti ma con una unicità che solo pochi simili possono cogliere e beneficiarne.








Un album intenso, ricco di sfumature, che fa sorridere e sospirare.
Un cinematografo di suoni d'altri tempi che potete andare a vedere venerdì 7 febbraio alla Casa del Jazz a Roma.





















lunedì 20 gennaio 2025

CrOnOSiSmA

di

marco cerri ciommei



"Secondo il grande scrittore statunitense Kurt Vonnegut un Cronosisma è un evento catastrofico nel quale l'universo ha una crisi di autostima e decide di interrompere la sua espansione e tornare indietro di dieci anni."





Queste sono una parte delle note di copertina del nuovo album di Marco Cerri Ciommei, registrato assieme a Giacomo Ancillotto alla chitarra, Luca Venitucci al pianoforte e Marco Zenini al contrabbasso. 






In questo nuovo o "vecchio" progetto Ciommei mette in scena ogni sua virtù, non è solo un ottimo musicista ma anche un altrettanto ottimo fotografo e videomaker, è anche un grande lettore e conosce molto bene  il valore e la poetica delle parole.







Con quest'opera ci dona quest'immagine senza tempo che in realtà è una cartoline che fluttua tra i ricordi e i sogni messi a decantare come del buon vino, per poi lasciare che tutto si disperda in piccoli atomi di luce e si trasformino in tenui armonie di suoni.


" Per Schopenhauer la relazione mimetica che intercorre tra la musica e il mondo è di natura analogica. tutte le arti belle, secondo il filosofo, sono «rappresentazione delle idee», ossia espressione di ciò che di «eterno e immutabile» vi è nei fenomeni, visibilità delle «oggettivazioni adeguate e immediate» della volontà."




Grazie al sostegno corale dei suoi compagni di avventura, l'album si muove tra melodie appassionate e malinconiche, ricche di chiaroscuri, fotografie di un album immaginario che giocano con la memoria, figure etere che danzano tra i sospiri, che bisbigliano tra le carezze. 



https://marcocerriciommei.bandcamp.com/album/cronosisma



La fragilità di quest'opere è disarmante, dirompente, è densa di una spiritualità onirica, un insieme di suoni denudati di ogni orpello o virtuosismo, in linea con quello che  affermava il Maestro Sufi Hazrat Inayat Khan... 

"L'uomo comunicava la sua sincerità, falsità, inclinazione,
avversione, piacere o dispiacere attraverso la varietà delle sue
espressioni musicali."




https://www.marcocerriciommei.com/





 Crêuza de Mä


quarant'anni dopo


Lo scorso sabato 4 gennai abbiamo avuto il piacere, grazie all'invito del team di promozione culturale di e con Guido Gaido, di partecipare alla data romana del tour 2024 di Mauro Pagani.





Il noto polistrumentista, compositore e produttore discografico bresciano, classe 1946, nei suoi decenni di carriera ha messo a punto diversi progetti discografici di grande successo. 

Tra questi c'è appunto Crêuza de Mä, al quale è dedicato il tour. L'albume del 1984 è stato realizzato in collaborazione con Fabrizio De André, cantato in genoveseuna delle principali lingue impiegate nell'ambito della navigazione e degli scambi commerciali nel Mediterraneo, in particolare dal basso Medioevo al diciassettesimo secolo.




Al centro dei testi vi sono i temi del mare e del viaggio, dolori e passioni, temi forti che vengono espressi anche in musica, tramite l'ausilio di suoni e strumenti tipici dell'area mediterranea e registrazioni  in ambienti portuali, iconiche le voci dei venditori di pesce al mercato ittico di Piazza Cavour a Genova.


Pagani è salito sul palco con un look alla Leonard Cohen, elegante e misterioso. Purtroppo i segni del tempo gli hanno impedito di esibirsi ad uno dei suoi amati strumenti ad eccezione dell'unica cover, Forever young, firmata da Bob Dylan, dove ha suonato l'armonica a bocca. 





Oltre ai brani di Crêuza de Mä ha cantato anche altri brani celebri del suo repertorio come "Impressioni" di settembre (Mogol Mussida Pagani).




Il giovanissimo 78enne Pagani si è esibito  lucido e pieno di entusiasmo , la sua voce era ricca e potente , fragile e ammaliante , lui che è un bluesman méditerranéen a dato sfogo a tutte le sue energie per regalarci un concerto memorabile.




Molto emozionante il momento dopo il concerto dove Pagani è venuto verso il pubblico a salutare   vecchi amici , dimostrando , se ce ne fosse ancora il bisogno, la sua immensa umiltà .



"FOREVER YOUNG"








domenica 11 febbraio 2024

 



CIRCLES 44

IN THE GRIP

Aut Records









Circles 44 è un progetto nato a Bologna nel 2017, frutto della collaborazione tra Massimiliano Amatruda al pianoforte, Giuseppe Circelli alla chitarra e Andrea Grillini alla batteria, ai quali, nel 2022, si unisce Achille Succi al clarinetto basso e al clarinetto contrabbasso.






Artisti molto attivi, coinvolti in numerose collaborazioni e pubblicazioni discografiche, che spaziano dal jazz alla musica contemporanea, sempre intenti a promuovere un repertorio composto solo da brani originali, dove il linguaggio jazzistico fa da legante con tutte le alte forme che vi convivono. Questo lavoro, affiancato dall'attività concertistica, ha portato alla registrazione del primo album “Cratere”, pubblicato nell'ottobre 2020 dall'etichetta Aut Records. L'album ha ottenendo ottime recensioni dalla critica specializzata così come l'attenzione e la messa in onda ni molti programmi radiofonici, tra cui le trasmissioni di Rai Radio 3 “Sei gradi” e “Battiti”.





Lo scorso 31 dicembre è stato pubblicato sempre per la Aut Records l'album “ IN THE GRIP”, che vede la gradita collaborazione di Achille Succi. Così il trio si trasforma in quartetto, senza perdere la loro leggerezza e flessibilità. Anzi, tra tratti architettonici e altri più estemporanei, la sempre ed originale prosa dei loro brani acquista ulteriore freschezza e fluidità.






https://autrecords.bandcamp.com/album/in-the-grip


L'impasto sonoro è sempre ben bilanciato e li voci si muovono in un racconto multiplo e coeso, ricco di colori ed equilibrate dinamiche. Il piano di Amatruda più che seguire la orme dei pianisti jazz sembra venire da un solido serialismo di metà 900. La chitarra di Circelli sembra tessere una robusta ragnatela che sa catturare tutte la note che aleggiano nei pensieri dei suoi compagni. Succi, sempre originale, lascia trapelare un gustoso profumo delle storiche avanguardie jazz in stile AACM. Grillini, come ha già dimostrato in altre formazioni, sa gestire una intensa stratificazione ritmica, composta da piccole cellule che vengono lasciate fluttuare liberamente, poi abbandonate per delle nuove ed essere riprese successivamente, per essere sovrapposte e mescolate, senza attriti e battimenti.








Ho trovato il brano “Circle” molto rappresentativo per questo album, dove coesiste un ottimo equilibrio tra il più creativo serialismo europeo e i movimenti jazz delle ultime generazioni. Un ascolto fluido e stimolante dove non mancano momenti introspettivi ed articolati che meritano un ascolto più attento.


Nel cerchio di un pensiero

a volte mi riposo sognando.

(Alda Merini)




CIRCLES 44 feat. ACHILLE SUCCI
In the Grip

Achille Succi: bass clarinet, double bass clarinet
Joseph Circelli: guitars, fx, synth

brani:

01. Spiral Dance 07.45
02. 1005 03.47
03. In the Grip 07.51
04. Gate 04.09
05. Circles 05.40
06. Linea (First Approach) 06.34
07. Affirmative Dot 06.50
08. A. A. 1942 05.47



giovedì 11 gennaio 2024

I SLIP IN THE CENTRAL PARK





 ..... è di pochi mesi fa l'uscita di quest'opera  "A TRIBUTE TO MASSIMO URBANI", frutto di una amichevole collaborazione tra vintage e new generation.

La punta di diamante di questo progetto è Vittorio Cuculo, sassofonista romano di grande talento. Nel suo percorso artistico, ricco di grandi collaborazioni, avrà modo di incontrare alcuni dei  musicisti che hanno collaborato con  "Max". Primo tra tutti Maurizio Urbani che gli aprirà le porte dei club romani dove Vittorio potrà assaporare l'energico "MOOD" capitolino. Quel mood tanto caro a Max, fatto di grandi amicizie, ritardi, inquietudini e tenera malinconia.

Massimo Urbani muore prematuramente nel 1993, pochi mesi prima della nascita di Vittori. Per quello che sarà il suo ultimo concerto all’Alexanderplatz  volle con se gli amici di sempre, Gegè Munari alla batteria, Dario Rosciglione al contrabbasso e Andrea Beneventano al pianoforte. 

A trent'anni dalla sua scomparsa, lo stesso trio di allora è stato invitato a partecipare a questo tributo. Tutti hanno contribuito a ricreare quell'atmosfere notturna, animata da agili improvvisazioni e sempre audace interplay.

Il CD vede anche la partecipazione come special guests di Maurizio Urbani e Stefano di Battista, altre due importanti colonne del jazz romano.




Ascoltando l'intero progetto si ha proprio l'impressione di rivivere le atmosfere di un tempo, dove lo scambio tra generazioni fluttua senza attriti e si amalgama in una sola voce. Il livello di tutti gli interpreti è altissimo, ogni ascolto è di grande godibilità.

Il repertorio proposto è quello del Massimo Urbani degli ultimi tempi, tormentato e in cerca di pace. Personalmente avrei inserito più brani firmati da Urbani, non sono tantissimi, magari potrebbe essere uno spunto per un altro tributo!!! 

Anche se citato nel titolo manca il Max adolescente, sperimentale, che si perde misteriosamente  per tre giorni  in quel di Central Park. La prossima volta rischierei di più!!!


We Lov'Er Man !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!



Vittorio Cuculo & The Trio ’93

"I Slept in Central Park

(a Tribute to Massimo Urbani "

VVJ 149– 8055385871495


Vittorio Cuculo - Sax Contralto

Gegè Munari - Batteria

Andrea Beneventano - Piano

Dario Rosciglione - Contrabbasso


Special Guest.


Maurizio Urbani - Sax tenore (# 1, 2, 3)

Stefano Di Battista - Sax Soprano, Alto (# 3, 8)


Produced by: Jando Music / Via Veneto Jazz

1) INVITATION (Bronislau Kaper)   05:42
2) THIS I DIG OF YOU (Hank Mobley)   03:46
3) I GOT ROCK (Massimo Urbani)   04:18
4) EVERYTHING HAPPENS TO ME (Matt Danis)  06:54
5) SOLAR (Miles Davis)   02:56
6) THERE WILL NEVER BE ANOTHER YOU (Harry Warren)  05:14
7) THE WAY YOU LOOK TONIGHT (Jerome Kern) 04:16
8) ALFIE (Burt Bacharach)   06:55






mercoledì 3 maggio 2023

 HOODYA

record-y





Il 28 aprile scorso è stato pubblicato dalla Record Y il primo disco del progetto denominato  Hoodya , formato da Camilla Battaglia & Rosa Brunello. Registrato un anno fa, poi è stato lasciato decantare,
successivamente prodotto e rimaneggiato dal poliedrico



Si tratta di un concept album dove il tema principale è la canzone, quasi tutte cover , fatta eccezione per i due brani originali ,

Carve e I Should not live in vane .






Parliamo di  un disco molto ambient (voce, basso/contrabbasso, effetti analogici di vario tipo e synth/live electronics) con pochissimi elementi e tutto basato sui micro dettagli. I brani spaziano da Tom Waits a Samuele Bersani e sono trattati a volte in modo estremamente essenziale e melodico, altre volte in modo più complesso e dissacrante.

  

Dalle alte sfere ci informano:

Si sono spesso incrociati per sbaglio, ma si sono incontrate musicalmente nella primavera del 2017 a Berlino. Sempre di più si è resa palese la possibilità per entrambe di esplorare insieme senza limiti di genere o direzione, cosa tanto speciale quanto rara. Questo ha permesso la creazione di un repertorio che non si identifica nella scelta dei singoli brani, che arrivano da tradizioni e paesi lontani, ma nell’intenzione univoca che si sprigiona naturalmente nella performance di un duo a cui difficilmente si può affibbiare un’etichetta.








A nostro parere il disco in questione ci sembra elettrizzante, non una elettricità prepotentemente invasiva ma che dolcemente ti pervade. Qualcosa che ti entra dentro ma che sembrava già esserci. Quella vibrazione chiamata anima che troppo spesso teniamo reclusa in questo involucro tramortito da stereotipi dall'immagine sempre più aliena. Un'elettricità che non scuote molesta ma che ansi ti culla, ti sostiene mentre sei sospeso nello spazio intriso di sensazioni che riemergono dai ricordi . 

Un ascolto "leggero" che ti tiene sulle spine, ad ogni brano la curiosità è sempre viva, la capacità di riarrangiare, manipolare e reinventare canzoni già note, è altissima. Le due protagoniste hanno entrambe una carriera ricca di collaborazioni e progetti propri che hanno riscosso molti consensi dalla critica.









L'alto livello dei due brani originali ci fa rimpiangere un album di soli inediti, che speriamo arrivi presto, anche perché i mezzi e le competenze non mancano.


Dobbiamo ammettere che la cover di Renato Zero ci ha un po' spizzato, soprattutto perché prima della loro versione non ne avevamo colto la poesia, tolto il ritornello, perché richiama troppo l'originale, il resto del brano sembra avere un'altra luce, ne comprendiamo meglio il messaggio.



ascoltatelo attentamente assorti e potrete dire ...
 
"I have not lived in vain"