domenica 11 febbraio 2024

 



CIRCLES 44

IN THE GRIP

Aut Records









Circles 44 è un progetto nato a Bologna nel 2017, frutto della collaborazione tra Massimiliano Amatruda al pianoforte, Giuseppe Circelli alla chitarra e Andrea Grillini alla batteria, ai quali, nel 2022, si unisce Achille Succi al clarinetto basso e al clarinetto contrabbasso.






Artisti molto attivi, coinvolti in numerose collaborazioni e pubblicazioni discografiche, che spaziano dal jazz alla musica contemporanea, sempre intenti a promuovere un repertorio composto solo da brani originali, dove il linguaggio jazzistico fa da legante con tutte le alte forme che vi convivono. Questo lavoro, affiancato dall'attività concertistica, ha portato alla registrazione del primo album “Cratere”, pubblicato nell'ottobre 2020 dall'etichetta Aut Records. L'album ha ottenendo ottime recensioni dalla critica specializzata così come l'attenzione e la messa in onda ni molti programmi radiofonici, tra cui le trasmissioni di Rai Radio 3 “Sei gradi” e “Battiti”.





Lo scorso 31 dicembre è stato pubblicato sempre per la Aut Records l'album “ IN THE GRIP”, che vede la gradita collaborazione di Achille Succi. Così il trio si trasforma in quartetto, senza perdere la loro leggerezza e flessibilità. Anzi, tra tratti architettonici e altri più estemporanei, la sempre ed originale prosa dei loro brani acquista ulteriore freschezza e fluidità.






https://autrecords.bandcamp.com/album/in-the-grip


L'impasto sonoro è sempre ben bilanciato e li voci si muovono in un racconto multiplo e coeso, ricco di colori ed equilibrate dinamiche. Il piano di Amatruda più che seguire la orme dei pianisti jazz sembra venire da un solido serialismo di metà 900. La chitarra di Circelli sembra tessere una robusta ragnatela che sa catturare tutte la note che aleggiano nei pensieri dei suoi compagni. Succi, sempre originale, lascia trapelare un gustoso profumo delle storiche avanguardie jazz in stile AACM. Grillini, come ha già dimostrato in altre formazioni, sa gestire una intensa stratificazione ritmica, composta da piccole cellule che vengono lasciate fluttuare liberamente, poi abbandonate per delle nuove ed essere riprese successivamente, per essere sovrapposte e mescolate, senza attriti e battimenti.








Ho trovato il brano “Circle” molto rappresentativo per questo album, dove coesiste un ottimo equilibrio tra il più creativo serialismo europeo e i movimenti jazz delle ultime generazioni. Un ascolto fluido e stimolante dove non mancano momenti introspettivi ed articolati che meritano un ascolto più attento.


Nel cerchio di un pensiero

a volte mi riposo sognando.

(Alda Merini)




CIRCLES 44 feat. ACHILLE SUCCI
In the Grip

Achille Succi: bass clarinet, double bass clarinet
Joseph Circelli: guitars, fx, synth

brani:

01. Spiral Dance 07.45
02. 1005 03.47
03. In the Grip 07.51
04. Gate 04.09
05. Circles 05.40
06. Linea (First Approach) 06.34
07. Affirmative Dot 06.50
08. A. A. 1942 05.47



giovedì 11 gennaio 2024

I SLIP IN THE CENTRAL PARK





 ..... è di pochi mesi fa l'uscita di quest'opera  "A TRIBUTE TO MASSIMO URBANI", frutto di una amichevole collaborazione tra vintage e new generation.

La punta di diamante di questo progetto è Vittorio Cuculo, sassofonista romano di grande talento. Nel suo percorso artistico, ricco di grandi collaborazioni, avrà modo di incontrare alcuni dei  musicisti che hanno collaborato con  "Max". Primo tra tutti Maurizio Urbani che gli aprirà le porte dei club romani dove Vittorio potrà assaporare l'energico "MOOD" capitolino. Quel mood tanto caro a Max, fatto di grandi amicizie, ritardi, inquietudini e tenera malinconia.

Massimo Urbani muore prematuramente nel 1993, pochi mesi prima della nascita di Vittori. Per quello che sarà il suo ultimo concerto all’Alexanderplatz  volle con se gli amici di sempre, Gegè Munari alla batteria, Dario Rosciglione al contrabbasso e Andrea Beneventano al pianoforte. 

A trent'anni dalla sua scomparsa, lo stesso trio di allora è stato invitato a partecipare a questo tributo. Tutti hanno contribuito a ricreare quell'atmosfere notturna, animata da agili improvvisazioni e sempre audace interplay.

Il CD vede anche la partecipazione come special guests di Maurizio Urbani e Stefano di Battista, altre due importanti colonne del jazz romano.




Ascoltando l'intero progetto si ha proprio l'impressione di rivivere le atmosfere di un tempo, dove lo scambio tra generazioni fluttua senza attriti e si amalgama in una sola voce. Il livello di tutti gli interpreti è altissimo, ogni ascolto è di grande godibilità.

Il repertorio proposto è quello del Massimo Urbani degli ultimi tempi, tormentato e in cerca di pace. Personalmente avrei inserito più brani firmati da Urbani, non sono tantissimi, magari potrebbe essere uno spunto per un altro tributo!!! 

Anche se citato nel titolo manca il Max adolescente, sperimentale, che si perde misteriosamente  per tre giorni  in quel di Central Park. La prossima volta rischierei di più!!!


We Lov'Er Man !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!



Vittorio Cuculo & The Trio ’93

"I Slept in Central Park

(a Tribute to Massimo Urbani "

VVJ 149– 8055385871495


Vittorio Cuculo - Sax Contralto

Gegè Munari - Batteria

Andrea Beneventano - Piano

Dario Rosciglione - Contrabbasso


Special Guest.


Maurizio Urbani - Sax tenore (# 1, 2, 3)

Stefano Di Battista - Sax Soprano, Alto (# 3, 8)


Produced by: Jando Music / Via Veneto Jazz

1) INVITATION (Bronislau Kaper)   05:42
2) THIS I DIG OF YOU (Hank Mobley)   03:46
3) I GOT ROCK (Massimo Urbani)   04:18
4) EVERYTHING HAPPENS TO ME (Matt Danis)  06:54
5) SOLAR (Miles Davis)   02:56
6) THERE WILL NEVER BE ANOTHER YOU (Harry Warren)  05:14
7) THE WAY YOU LOOK TONIGHT (Jerome Kern) 04:16
8) ALFIE (Burt Bacharach)   06:55






mercoledì 3 maggio 2023

 HOODYA

record-y





Il 28 aprile scorso è stato pubblicato dalla Record Y il primo disco del progetto denominato  Hoodya , formato da Camilla Battaglia & Rosa Brunello. Registrato un anno fa, poi è stato lasciato decantare,
successivamente prodotto e rimaneggiato dal poliedrico



Si tratta di un concept album dove il tema principale è la canzone, quasi tutte cover , fatta eccezione per i due brani originali ,

Carve e I Should not live in vane .






Parliamo di  un disco molto ambient (voce, basso/contrabbasso, effetti analogici di vario tipo e synth/live electronics) con pochissimi elementi e tutto basato sui micro dettagli. I brani spaziano da Tom Waits a Samuele Bersani e sono trattati a volte in modo estremamente essenziale e melodico, altre volte in modo più complesso e dissacrante.

  

Dalle alte sfere ci informano:

Si sono spesso incrociati per sbaglio, ma si sono incontrate musicalmente nella primavera del 2017 a Berlino. Sempre di più si è resa palese la possibilità per entrambe di esplorare insieme senza limiti di genere o direzione, cosa tanto speciale quanto rara. Questo ha permesso la creazione di un repertorio che non si identifica nella scelta dei singoli brani, che arrivano da tradizioni e paesi lontani, ma nell’intenzione univoca che si sprigiona naturalmente nella performance di un duo a cui difficilmente si può affibbiare un’etichetta.








A nostro parere il disco in questione ci sembra elettrizzante, non una elettricità prepotentemente invasiva ma che dolcemente ti pervade. Qualcosa che ti entra dentro ma che sembrava già esserci. Quella vibrazione chiamata anima che troppo spesso teniamo reclusa in questo involucro tramortito da stereotipi dall'immagine sempre più aliena. Un'elettricità che non scuote molesta ma che ansi ti culla, ti sostiene mentre sei sospeso nello spazio intriso di sensazioni che riemergono dai ricordi . 

Un ascolto "leggero" che ti tiene sulle spine, ad ogni brano la curiosità è sempre viva, la capacità di riarrangiare, manipolare e reinventare canzoni già note, è altissima. Le due protagoniste hanno entrambe una carriera ricca di collaborazioni e progetti propri che hanno riscosso molti consensi dalla critica.









L'alto livello dei due brani originali ci fa rimpiangere un album di soli inediti, che speriamo arrivi presto, anche perché i mezzi e le competenze non mancano.


Dobbiamo ammettere che la cover di Renato Zero ci ha un po' spizzato, soprattutto perché prima della loro versione non ne avevamo colto la poesia, tolto il ritornello, perché richiama troppo l'originale, il resto del brano sembra avere un'altra luce, ne comprendiamo meglio il messaggio.



ascoltatelo attentamente assorti e potrete dire ...
 
"I have not lived in vain"





giovedì 27 aprile 2023

 ABHRA


Seven Poems on Water’








Ci sono luoghi e suggestioni che solo la "Musica" sa evocare. 
Quando si ascolta un suono o un insieme di suoni, essi sono capaci di far emergere nella nostra mente immagini più o meno reali.
 Se ci osserviamo bene , la musica risvegli in noi tutti i sensi, ci da la sensazione di aver vissuto un'esperienza intensa, un viaggio, quasi reale, anche se non ci siamo spostati di un centimetro. Forse a chi ascolta manca il tatto ma per chi suona c'è anche quello, la viva sensazione di afferrare il suono.

  Questo è successo lo corso mercoledì  12 aprile alla Casa  del Jazz a Roma, abbiamo assistito alla prima data del mini tour Italiano degli ABHRA. Si tratta di un collettivo internazionale, commissionato nel 2014 da parte del Centre International des Musiques Nomades e del Festival Détours de Babel di Grenoble.






Per quell’occasione, Abhra esplorò il Diario di Henry David Thoreau, filosofo, poeta, erudita americano nato nel 1817. Thoreau formulò un suo personale pensiero o punto di vista che si esprimeva come elogio dell’indipendenza, della semplicità e dell’ascetismo edonistico. Sulla base di questa tematica, Abhra realizza un primo disco nel 2016, uscito in collaborazione tra l’etichetta francese OnzeHeuresOnze e l’italiana Auand.


Nel 2021 il sestetto europeo si riunisce intorno ad un nuovo concept che ha l’acqua come punto in comune. Nel nuovo organico ci saranno due sostituzioni, l’irlandese Lauren Kinsella  verrà sostituita dalla svedese Isabel Sörling, entrambe cantanti di grande talento e inoltrate nel mondo della musica sperimentale ed improvvisata. Al violoncello verrà sostituita la londinese Hannah Marshall dalla giovane francese Adèle Viret, la prima esponente di vari progetti di sperimentazione estrema, la seconda dall’approccio apparentemente più melodico.






Per il nuovo tema, l’acqua, gli Abhra metteranno in musica 7 poemi scritti da poeti/poetesse di altrettanti paesi, passando da Raquiel Illonde della Guinea, all’americana Emily Dickinson, dal turco Nazim Hikmet all’indiana Pryal Gagan.

Grazie agli intensi arrangiamenti di Pontvianne e alla grana della "nuova voce" di Isabelle, il sestetto continuerà il suo percorso di introspezione ed esplorazione, interrogandosi sul ruolo della voce, sul timbro e la risonanza, la melodia e le svariate forme della canzone, creando un caleidoscopio sonoro delicato e intimista. ‘Seven Poems on Water’ è stato pubblicato a metà 2022 per Onzeheuresonze.






Per il concerto alla Casa del Jazz si sono esibiti i componenti dell'ultima formazione, ossia ... Julien Pontvianne al sassofono, Isabel Sörling alla voce, Francesco Diodati alla chitarra, Adèle Viret al violoncello, Alexandre Herer alle tastiere e Matteo Bortone al contrabbasso.

 

Tutti i componenti, nei loro anni di attività, si sono distinti per  capacita e inventiva, sono accumunati  da esperienze analoghe, come collaborazioni internazionali, progetti da leader e partecipazioni in diversi ambiti musicali ma sempre rivolti alla sperimentazione.

 

Il concerto è iniziato con un calzante fraseggio del contrabbasso, diciamo subito che Bortone ha avuto un ruolo di perno per tutta la serata, i suoi attacchi intensi e ostinati sono stati determinanti per la scansione dei brani, non solo un ottimo supporto per i solisti ma una solida costante, no sono mancate le sue intense improvvisazioni.

 

All’intro di Matteo si è aggiunta la voce di Isabel, calda e fragile ha incantato da subito il pubblico. Il brano sembrava spinto dalle calme e lente onde estive del mare , un dolce sogno ad occhi aperti. Poi a turno si sono introdotti gli altri componenti, si è svolto tutto in maniera naturale, sembrava si muovessero in sincronica, proprio come fa un branco di pesci.

 

Durante tutto il concerto i musicisti, ma anche il pubblico, erano assorti in una magica meditazione.  Talmente erano concentrati e coinvolti che sono riusciti a tessere una ragnatela telepatica, dove tutto accadeva spontaneamente, senza premeditazione, un flusso libero proprio come il movimento dell’acqua.

 

Per tutta la serata Pontvienne e Herer si sono imposti meno, impegnati nella costruzione di un intenso ed ipnotico paesaggio sonoro. Diodati ci ha regalato un paio dei suoi tipici solo estratti  dal suo “bestiario sonoro”. Anche Adèle ha eseguito un solo al violoncello, molto espressivo e di grande maturità.




 Trattandosi di canzoni la protagonista è stata la voce della Sörling. Come abbiamo già scritto, il suo timbro apparentemente fragile ha incantato il pubblico.  Anche se la sua formazione affonda nelle radici del Jazz e nella musica improvvisata in genere, Isabel ha saputo allontanarsi da certi stereotipi della “cantante jazz”, dai deprimenti vocalizzi, a volte un po' stucchevoli. Col suo vibrato ha saputo evocare  quei deserti di ghiaccio, l'acqua fredda ma avvolgente, il vento gelido e rigenerante, tipici dei paesi del nord Europa.  Ci ha donato momenti intensi, illuminati da una voce nuda, diretta, che esprime emozioni vere, senza filtri, simile a quella delle cantanti folk. Nel suo timbro si sentono tutte quelle sfumature e fragilità che fanno la misura di una artista matura. 

 


Ogni componente del collettivo ha saputo trovare un suo spazio per mostrare sé stesso e dare voce all’insieme, rappresentando lo spirito che "questo fare musica" dovrebbe avere in ogni manifestazione sonora.  




http://www.julien-pontvianne.com/abhra.html

mercoledì 5 aprile 2023

 

Manlio Maresca 






 L'importanza inderogabile del mio rendez-vous


... è l'ultima creatura che il Marasca ha sapientemente confezionato per la giovanissima label https://www.record-y.com/.


Prima di introdurre il disco appena menzionato ci tengo a fare alcune considerazioni.

 
La prima è che si potrebbe ridurre il commento a :

Si tratta di un disco di un chitarrista , prodotto da un altro chitarrista che di chitarristico non ha niente. 

"Ma non è il "classico" disco da chitarrista".





La seconda è più complessa e riguarda il suono : 

Ad oggi , nel nuovo millennio, dove tutto è presso che digitalizzato, dove molti rapporti umani sono virtuali, come fa un musicista a commentare il paesaggio sonoro che lo circonda? ...  quali sono gli "strumenti" e il LINGUAGGIO più appropriati per farlo?

"Il fine giustifica i mezzi!"



Da indiscrezioni trapelate dai corridoi temporali dello UNDERGROUD nostrano, i due, il produttore Frank Martino e lo musico Manlio Maresca, hanno collezionato negli anni una serie di incontri, nei quali hanno maturato una reciproca stima e condiviso aspetti più o meno progressisti "del fare musica".

Sembra che fu proprio Martino a far scoprire  al Maresca come potevano essere utilizzati certi "ordigni digitali". 

Dal canto suo il Maresca, ricordiamo essere "Generazione X",
... classe 1977, fonda nel 2001 i “Neo” e successivamente gli “Squartet”, con i quali si esibisce in tutta Europa. Nel 2010 intraprende un tour negli Stati Uniti, insieme ai “Neo”, durante il quale registra Neoclassico, nell’Electrical Audio Studio con il sound engineer Steve Albini (Shellac, Pixies, Nirvana, The Ex) a Chicago. Nel 2006 collabora con Steve Piccolo e dal 2008 al 2015 con Joe Lally. Nel 2012 fonda il trio Andymusic, che esordisce accompagnando il poeta, attore e scrittore Remo Remotti. Con Andymusic, nel 2016, si esibisce al Torino Jazz Festival Fringe, al Fano Jazz by the Sea e ad Urbino Jazz Festival. Nel 2013 entra a far parte dell’Orchestra Operaia di Massimo Nunzi, collaborando a fianco di ospiti del calibro di Gabriele Coen, Fabrizio Bosso, Javier Girotto, Niccolò Fabi, Paolo Fresu, Greg Hutchinson, e suonando sul palco del Primo Maggio. Nel 2016, sempre insieme all’Orchestra Operaia, registra il disco omonimo, uscito il 30 marzo per la collana “Jazz Italiano Live”, in collaborazione con la Casa del Jazz di Roma, edizioni l’Espresso. Sempre per la stessa raccolta registra l’album tributo ai Nirvana con il gruppo “Giovani Leoni” composto da Francesco Diodati, Fulvio Sigurtà, Beppe Scardino, Enrico Bracco, Gabriele Evangelista e Federico Scettri. Nel 2016 suona con il contrabbassista Ameen Saleem, leader del progetto “The Groove Lab”.




L’esaltazione dell’errore è all’origine dell’ultimo album di Manlio Maresca. Un elogio di raffinate scorrettezze musicali dal titolo Hardcore chamber music, uscito ad ottobre 2016 per l’etichetta https://auand.com/.

( Dati biografici https://www.youngjazz.it/artists/manlio-maresca/)





Questa lunga "storia d'amore", costellata di pizzini digitali e post ambigui e tendenziosi, ha dato alla luce ...



L'importanza inderogabile del mio rendez-vous





Un compcet album, fatto di momenti, riflessioni e incontri, come quello di con Frank, che con piacere e professionalità ( nei prossimi articoli vi parlerò più precisamente delle pubblicazioni della records Y  condotta da Ser. Martino).

 Potremmo dire che si tratta di un disco di un chitarrista , prodotto da un altro chitarrista che di chitarristico non ha niente, ma prima dovremmo definire cos'è e cosa no è chitarristico. 

Da Hendrix a oggi lo strumento è passato da acustico ad elettrico, da elettrico a digitale, dal digitale in poi ha cominciato ad accoppiarsi con alti strumenti digitale, con i quali dialoga e genera nuovi linguaggi. Credo che lo stesso Jimi o l'altro Frank ... Zappa , no avrebbero perso tempo ad "intripparsi" con certe macchine.
Sicuramente non è un progetto canonico, fortunatamente sfugge dalle etichette di genere, ma comunque mantiene un filo conduttore con quella vena sperimentale che ha distinto la chitarra e il chitarrista tra i protagonisti della  Musica degli ultimi cinquant'anni.  




In questo, Frank e Manlio, ognuno con il proprio stile e la propria sensibilità,  sono dei maestri capaci e di grande impatto.


Tornando al disco, già dai titoli bizzarri, come" vacanze al Verano", "conati di gioia" o "a volte confondo le chitarre con le pistole",  si evince la personalità auto ironica dell'autore. Ogni brano sembra emergere da un vago ricordo o da un sonno in dormiveglia. 
C'è quella spostante incertezza, instabilità che  rendono l'humus sonoro vivo , vibrante, quasi palpabile. Alcuni brani si distinguono per la loro capacità descrittiva, "Roma come non l'avete mai sentita", "quei sabati" oppure " scusate se vi ho svegliato", raccontano la vita e i suoni di un vissuto capitolino, uno sguardo personale del paesaggio sonoro della città eterna.





Come sempre ci siamo imposti in queste pagine e vi abbiamo consigliato , non fermatevi al primo ascolto ma soprattutto ascoltate con più parametri di valutazione, date libero sfogo alla fantasia !!!

sabato 11 settembre 2021

 Tell  Kujira





Lo scorso 25 giugno presso lo Studio Coni Stella, sito al Pigneto in Roma, c'è stata “l'Anteprima Universale” della “pandemica formazione” denominata Tell Kujira, ossia Francesco Diodati (FD), Stefano Calderano (SC) , Ambra Chiara Michelangeli (ACM) e Francesco Guerri (FG). Una formazione nata dall'esigenza di colmare il silenzio e l'isolamento provocati dalle norme di sicurezza previste per arginare i possibili contagi.


Tutti soffriamo più o meno le condizioni dell'isolamento, un artista o comunque un interprete ne risente maggiormente sia per un'esigenza economica che per la necessità di comunicare con il pubblico. I maglifici quattro Tell Kujira, rispettando i limiti e le condizioni imposte dal governo, ed utilizzando ogni sorta di mezzo di comunicazione hanno dato vita a questo progetto di grande spessore artistico.



Premetto che per noi di MUSICISTANONIMO & The Border Music i temi del Concept e dell'improvvisazione sono essenziali se non imprescindibili. Non che la musica di “genere” sia da meno, ma qualsiasi essa sia, Classica, Jazz, Rock o Etno, ripropone moduli e pratiche prestabilite.

Il Compcet o tema crea un focus che fa da cardine all'intero progetto, il singolo o il gruppo ne valuta gli aspetti comunicativi, la forma e la densità del messaggio.

Qui il tema è proprio l'improvvisazione, collettiva, singola e singola nella collettività. Sembra un gioco di parole ma è la triplice impostazione che formazioni storiche come quelle capitanate e condotte da John Zorn, oppure da Derek Bailey grande interprete di escursioni solitarie, anno sempre messo in gioco. Lo stesso è riproposto dai Tell Kujira, in questo progetto ci sono anche tutti quei fermenti che hanno alimentato i movimenti del Free Jazz e dell'Avant Garde, ma anchecon un piacevole eco della musica classica contemporanea.






Lo Studio Coni Stella è una ex fabbrica di cialde e coni gelato, assomiglia molto a quei loft di New York degli anni sessanta. Oggi è un laboratorio artistico dove operano artigiani delle arti figurative. Non è aperto al pubblico ma per questa occasione è stata una splendida cornice, si percepiva un'intensa atmosfera creativa!!


Il concerto si è svolto con estrema fluidità, tra intensi momenti corali e divagazioni solitarie, è difficile documentare a parole le suggestioni, le immagini e le coincidenze mentali che si sono innescate durante l'ascolto, così ho deciso di orientarvi verso un'impresa monumentale...


“L'intervista quadrupla:”


(ps ... per non appesantire la lettura ho omesso alcune risposte, in certi casi erano simili ed ho scelto di non ripeterle.)



Qual'è il tuo background ? ( classica – jazz – altro)


FD:

Ho iniziato con i police, Joe Satriani, Sting, PFM, Roben Ford, poi sono stato un talebano ascoltatore di solo jazz, poi ho riscoperto i Nirvana, i Radiohead, Sound Garden, Jeff Buckley, e poi hocontinuato a espandere l’universo musicale di riferimento. A oggi non faccio più distinzioni di genere, ascolto tutto ciò che sento vero, da Steve Coleman ai Sonic Youth passando per A tribe Called Quest.


SC:

Ho inizio a suonare in varie band post-punk, da autodidatta.

Successivamente studio e mi formo nella musica classica e nel jazz.



ACM:

La mia formazione è decisamente classica, anche se ho sempre ricercato un linguaggio del tutto personale all’interno dello studio del repertorio di viola tipico che si fa in conservatorio.


FG:

Il mio background parte dalla Classica per poi fare un breve excursus nei terreni della elettroacustica subito dopo il diploma in violoncello e rimbalzare nel substrato della scena della musica improvvisata dei primi anni 2000 a Bologna.



Quali sono, o sono stati, i tuoi ascolti nell'ambito della musica improvvisata?



SC:

Partendo dal jazz, dove ho ascoltato soprattuto Miles Davis (i quintetti), Wayne Shorter, Thelonius Monk, sono arrivato ad amare musicisti moderni come Tim Berne, Jim Black,Marc Ducret, David Stackenas e tutta la scena nord europea (quella che fa capo all'etichetta Hubro).

Oggi ascolto molta musica dei generi più diversi: adoro il lavoro di Feldmann, di Glenn Branca; ascolto molto Jim O'Rourke e David Grubbs, i Tortoise; amo ascoltare Bill Frisell in ogni sua incarnazione.


ACM:

Son cresciuta con ascolti davvero di generi diversi. Indubbiamente il progetto Masada di Zorn e il trio d’archi all’interno di quel progetto mi ha accompagnato per anni. Per non parlare poi dei dischi di Ribot e Frith.


Come sei entrato/a all'interno di questo collettivo ?


SC:

Questo collettivo, come ci piace chiamarlo riferendoci soprattutto all'aspetto della composizione, collettiva appunto, nasce da un'urgenza mia e di Francesco Diodati: alla volontà di suonare assieme, abbiamo aggiunto l'esigenza di trovare un suono che ci stimolasse. L'idea di coinvolgere due archi ha preso rapidamente piede: il suono dell'arco mescolato al suono delle chitarre ci ha guidato nella ricerca di musicisti che potessero sviluppare un percorso fatto di improvvisazione e successiva elaborazione del materiale suonato.

Il metodo di lavoro è nato spontaneamente. Da iniziali session di improvvisazione vengono fuori nuclei musicali abbastanza ben definiti che vengono successivamente ripresi e meglio messi a fuoco: poi lavoriamo ad un montaggio coerente di tutto il materiale che ci sembra funzionare.

Questo ci porta a dire che il nostro lavoro è di scrittura collettiva.


FG:

Ho ricevuto una telefonata di Francesco Diodati, di cui gia conoscevo il lavoro e che mi aveva gia dato l’impressione (poi confermata) di essere un musicista notevole. Da subito ci siamo chiariti sulla direzione che si voleva dare al gruppo e abbiamo organizzato un primo incontro.



Cosa vorresti esprimere in questo progetto?


FD:

Una ricerca vera, profonda, che si traduca in una musica vissuta, palpabile. Cone direbbe Montale..quasi non s’ode, si respira.


ACM:

Sono assolutamente convinta delle potenzialità dei nostri singoli suoni, che uniti ne formano uno unico, appunto del tutto originale e nostro.


Pensate di coinvolgere altri musicisti ?


FG:

Credo di si, magari su progetti specifici. L’idea è anche quella di organizzare workshop condividendo il nostro metodo di lavoro con ensemble ampi.

SC:

Tell Kujira siamo io, Francesco Diodati, Ambra Chiara Michelangeli e Francesco Guerri.

Altri musicisti potranno di volta in volta arricchire la nostra ricerca, ma non penso che il progetto iniziale possa accogliere altri musicisti in pianta stabile.



Quando penso alla musica improvvisata o avant garde , mi vengono in mente nomi come Cecil Taylor, Derek Baliley e i progetti di John Zorn. Simili alla vostre proposta ritrovo Fred Frith con

Iva Bittova e Tom Cora, ma anche Marc Ribot con Mark Feldman e Erik Friedlander, solo per citarne alcuni !!!



Conosci il repertorio di questi musicisti? Cosa condividi e cosa no della loro visione?


ACM:

Certamente, ho registrato su un disco in cui la mia viola suona e risponde al violoncello di Erik Friedlander.


FG:

Conosco certamente tutti questi incredibili musicisti e condivido molto del loro discorso musicale.

Negli anni però credo di aver cercato ispirazione altrove. Non credo che si possa insegnare ad improvvisare, credo sia qualcosa di cui va fatta esperienza individualmente e non per forza in ambito musicale, anzi. Per esempio per sviluppare il mio linguaggio da improvvisatore e compositore sono stati più importanti le esperienze con il Teatro e la Danza.

Nei laboratori con Michele di Stefano di Mk per esempio, che ho fatto da giovanissimo, ho scoperto molto più che in qualsiasi altra esperienza musicale.


Penso che avere un progetto come questo ti abbia aiutato a superare la crisi pandemica di questi due anni, sbaglio ?


SC:

Questa domanda è interessante!

Probabilmente è vero: aver deciso di mettere su un progetto di tale respiro in un momento storico come quello che ancora stiamo vivendo, ha sicuramente significato qualcosa.

Pensandoci bene, le difficoltà che abbiamo affrontato anche solo per mettere su delle residenze, è stata una risposta ad un clima generale che via via andava creandosi: non mi riferisco alla contrapposizione 'isolamento-collettivo', che pure sembra esserci; più che altro penso, come dicevo prima, ad un atteggiamento nei confronti della musica e degli altri.

Affrontare le residenze e i nostri incontri con una gioia apparentemente immotivata è stata una risposta ad un attenzione generale solo per gli aspetti materiali dell'esistenza:


chiariamoci, l'aspetto economico, materiale, durante questi quasi due anni difficili è stato determinante- sussidi, rimborsi per mancati concerti-etc, sono stati decisivi per tutti; eppure alla lunga mi sembra che non possa bastare: è mancato e forse ancora manca, tutta una realtà fatta di cose che non si possono toccare ma sulle quali fondiamo la nostra vita: viaggiare con gli strumenti in macchina alla volta di una residenza di due o tre giorni, per incontrarsi e immergerci in una musica creata assieme, senza una immediato riscontro lavorativo, impossibile per altro da avere, mi sembra sia stata una risposta coerente a ciò che manca alla narrazione generale di questi anni, e forse non solo di

questi anni.



FD:

Penso che superare la crisi pandemica mi abbia portato a un progetto come questo. Molto spesso sento dire dai musicisti che si sono sentiti inutili durante la pandemia. Io non mi sono sentito cosi, anzi, ho toccato ancora più profondamente l’essenza del perchè faccio musica. La conseguenza è stata cercare in tutti i modi di vedermi con altri musicisti e ad esempio con Tell Kujira abbiamo fatto molte residenze “autogestite”, nel rispetto delle regole ma sfidando anche un po’ le restrizioni del momento.




Durante questo periodo di isolamento avrai avuto modo di riflettere sulla condizione precaria delsettore artistico, cosa di sei ripromesso/a di fare e di non fare ?


ACM:

Son state fatte molte manifestazioni e incontri, sono nati dei collettivi e molte piattaforme per discutere sulle condizioni precarie del mondo dello spettacolo. Ovviamente non è cambiato granchè quindi non c’è molto da fare o da non fare, se non cercare di tutelarsi il più possibile per il futuro. Di certo la consapevolezza da parte dell’ artista x di essere

ritenuto un’ultima ruota di un carro che comunque non cammina è sicuramente aumentata. Credo che bisognerebbe riformulare quasi da zero le modalità di riconoscimento economico e non solo, per il mondo dello spettacolo. In alcuni ambiti, anche quelli meno ufficiali il musicista come anche il danzatore o l’artista o l’attore è un’ombra, e tutta la ricerca artistica che richiede tempo e studio non viene considerata “lavoro”. Purtroppo è ovviamente un problema culturale alla base di un Paese dove viene ritenuto Artista con la A maiuscola colui che cerca di comparire in un programma qualunque televisivo, e in un paese dove dopo un periodo lungo di chiusura la priorità assoluta è riaprire le chiese o i palazzetti per le partite di calcio di serie c.


SC:

Riprendendo il filo della risposta precedente, mi sembra che la disattenzione al settore artistico tutto, vada di pari passo ad un non occuparsi di tutto ciò che non è immediatamente materiale, tangibile, monetizzabile e infine visibile.

Mi ha colpito molto che una società complessa come la nostra sia andata completamente in crisi alle prese con un agente virale invisibile: mi sembra paradigmatico di come sia strutturata la nostra vita, nei nostri paesi.

Eppure sono sempre più convinto che tutto ciò non attiene alla vita reale delle persone, che al contrario si basa su una mescolanza di cose materiali e non: è la nostra società che racconta se stessa espellendo dal suo interno tutto ciò che non può misurare, quantificare; eppure è impossibile quantificare l'apporto dell'ascolto di un disco nella vita delle persone, e così di un film, di uno spettacolo teatrale, della lettura di un libro. Vedere oggi tutta la gente che affolla gli spazi culturali e artistici che hanno riaperto al pubblico, pone delle domande inevase da sempre penso.




Cosa spinge le persone ad andare ad ascoltare un concerto, o un altro evento legato all'arte?

Che significa assistere assieme ad altre persone ad un evento artistico?

E'misurabile l'accrescimento personale dato dalla frequentazione artistica?

E in che termini si può parlare di accrescimento personale?


Sarebbe auspicabile che almeno noi artisti cominciassimo ad occuparci anche di tentare delle risposte a queste domande: sarebbe da parte nostra un'assunzione di responsabilità di un ruolo che, nonostante sia negato da più parti, abbiamo all'interno della società.


FG:

Si mi ha certamente aiutato anche se devo dire che mi sono concertato su altri aspetti della vita come la mia famiglia e abitando in campagna ho sperimento anche piacevolmente anche altre organizzazioni del tempo, altre routine, altre priorità.

Rispetto agli effetti della pandemia credo che almeno un aspetto positivo sia stato che tutti noi musicisti abbiamo dedicato tempo alle musiche che più amiamo senza i compromessi derivanti dal mercato, dal desiderio di affermazione di se, dalla ricerca di riconoscimento.


Casa ti aspetti in futuro per i Tell Kujira?


FD:

Un lungo, lunghissimo viaggio con amici nuovi.


ACM:

Molti molti molti concerti!


FG:

È un futuro molto lungo quello che mi immagino, spero che sia un lungo, lunghissimo viaggio.


SD:

A questa domanda non so rispondere.

In generale non penso molto al futuro, penso molto di più a vivere quello che riesco ad organizzare nel presente: un po' è come quello che dicevo prima sullo spirito di tell Kujira; c'è un momento strettamente legato al presente, all'atto artistico in sé; successivamente subentra una consapevolezza di ciò che si è fatto, una interpretazione, il trovare un senso.