giovedì 19 settembre 2019


Genetica del suono








Personalmente ho iniziato ad interessarmi anche all'etnomusicologia agli inizi degli anni '90. All'epoca studiavo chitarra classica e il mio Maestro mi fece studiare i Mikorokosmos di Bela Bartok. Non sapevo chi fosse così presi il primo libro che trovai su di Lui. “scritti sulla musica popolare” è solo uno dei tanti testi realizzati dal grande compositore ungherese. Leggendolo rimango sorpreso già dalle prime righe della prefazione di Zoltan Kodaly:

"Nel 1912 ci recammo con Bartok ad un convegno di musicisti a Roma, nelle due settimane di soggiorno nella città eterna,facemmo anche alcuni giri nei dintorni. Una volta Bartok ritornò da Albano con un canto popolare che aveva ascoltato da lontano , era una melodia antica, del tutto particolare e ricordava le melodie romene. Cercammo anche altre raccolte italiane, ma nulla che non portasse tracce visibili dell'influenza della più recente musica classica. Sebbene la melodia di Albano difficilmente potesse essere l'unica e anche se la musica colta avesse assorbito da secoli la musica popolare, dovevano pur esserci delle tracce.”

Si da il caso che io sia proprio di Albano. All'epoca studiavo e ascoltavo molta musica ma non conoscevo canzoni popolari o tradizionali di Albano così antiche. Forse qualche stornello o canzone folcloristica che non aveva più di 100 anni.
I rapporti con la Romania risalgono a quando Traiano invase la Dacia. Albano e gli altri paesi dei Castelli Romani erano usati dall'impero come legioni dove addestrare i soldati provenienti dalle terre conquistate. Dopo duemila anni, riscontrare similitudini con altre melodie ritrovate in Romania da Bartok agli iniziato nel 1905 è incredibile, ma non impossibile.
Durante il 1900 l'etnomusicologia si è evoluta velocemente, prendendo spunto e ispirazione da altre forme di ricerca ha elaborato diversi metodi di comparazione fino ad utilizzare le ultime scoperte nella ricerca genetica. Ha eretto così ponti immaginari che nel corso dei secoli hanno permesso alla melodie di fare il giro del mondo.

Il discorso sulla “Genetica del suono” si insinua in molti temi della ricerca, la storia dell'umanità è ricca di aneddoti sulla sua creazione e sul suo utilizzo. Da Pitagora ai giorni nostri la filosofia e la scienza hanno dimostrato molto interesse sull'argomento.
In termini filosofici, Herbert Spencer diceva che tutto nasce da un’esigenza emotiva, psicologica, perché le parole non sarebbero riuscite a esprimere con la stessa efficacia della musica, mentre Darwin affermava che la capacità di creare un linguaggio musicale non sia prerogativa dell’uomo. Basta osservare il mondo animale per rendersi conto di come sia insita in tutti gli esseri viventi e il più delle volte legata funzionalmente alla competizione sessuale. Darwin, in pratica, afferma che la musica non è, come per Spencer, un’elaborazione culturale tarda, ma una pratica molto più remota, radicata e distribuita nel mondo vivente.

Per gli scienziati la musica, è iscritta nel nostro DNA , dove il suono è all’origine delle cose. Secondo la meccanica quantistica, la materia non è mai inerte, ma è costantemente in uno stato di moto, di vibrazione continua. Il fisico austriaco Fritjof Capra diceva: “Ciascuna particella canta perennemente la sua canzone“. Tutto ciò che compone la realtà, vibra. Anche oggetti inanimati e densi come le pietre, un esempio eclatante è quello dello scultore Pinuccio Sciola, che ci appaiono materia solida, di fatto, sono forme di energia che vibrano, seppure a frequenze molto lente. Come diceva anche Pitagora Tutto nell’Universo è energia in vibrazione e genera un suono.

Grazie alla genetica, che ha rivoluzionato il ventunesimo secolo, ad oggi non c'è studio storico antropologico che non si avvalga delle moderne scoperte sul DNA. Alcune intuizione, prive di dati oggettivi, ricavate dagli studi di storia, antropologia, linguistica, etnomusicologia etc, sono state confermate o contraddette, generando nuove teorie. L'etnomusicologo Victor Grauer per il suo libro “Musica dal profondo” ha arricchito la sua ricerca utilizzando i recenti risultati ottenuti dagli studi genetici. Sembra che le attuali popolazioni di pigmei e boscimani
, entrambe le popolazioni condividono un linguaggio musicale distintivo, sono dirette discendenti di quella piccola popolazione di esseri umani che tra 70.000 e 100.000 anni fa iniziò a colonizzare i territori fuori del continente africano, un’impresa di cui ora vediamo il risultato sotto forma di presenza umana in ogni angolo del mondo. Tutti gli esseri umani che oggi vivono al di fuori dell’Africa hanno come antenato quel piccolo gruppo di africani che si mise in cammino alla conquista del mondo. A sua volta quindi questo linguaggio musicale, probabilment




e lo stesso cantato dai nostri antenati poco prima dell’uscita dell’Africa, potrebbe essere il retaggio culturale di una popolazione ancestrale dalla quale derivano tutti i gruppi etnici del pianeta.



I ricercatori hanno tracciato collegamenti tra la morfologia, i geni e la geografia. Finanziati dal Consiglio europeo della ricerca, hanno reso note le nuove scoperte sulle prime migrazioni umane dall’Africa effettuate analizzando il sistema di cavità dell’orecchio interno. Essi hanno scoperto che le differenze nella forma del labirinto osseo aumentano all’aumentare della distanza dall’Africa. Inoltre hanno dimostrato che, oltre il ruolo funzionale svolto dal labirinto osseo per l’equilibrio e l’udito, l’evoluzione ha conservato una sorprendente quantità di variazioni all’interno dell’orecchio. È una scoperta di Ron Pinhasi, archeologo dell’Università di Dublino, secondo cui l’osso petroso, contenente il minuscolo orecchio interno, contiene 100 volte più DNA di altri resti umani antichi, offrendo un’enorme quantità di materiale genetico per le analisi. L'osso temporale contiene al suo interno gli ossicini dell'udito, posti in una cavità detta cavo del timpano.

Visto che l'orecchio è al centro degli odierni studi di genetica non sono mancati i musicisti che hanno approfittato di queste nuove scoperte per intraprendere nuovi percorsi compositivi.





Il 05.04.2019 È uscito “DNA” (Ala Bianca/Warner Music), il terzo lavoro dei Deproducers, un progetto sinestetico in cui scienza e musica uniscono le forze in nome della conoscenza e della divulgazione del sapere.”DNA” è stato realizzato in collaborazione con AIRC, Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro e con Telmo Pievani, filosofo, storico della biologia ed esperto di teoria dell’evoluzione.

Un altro progetto, sinestetico è quello di Paolo Soffientini, scienziato/batterista, ricercatore di proteomica all'Ifom-Istituto Firc di oncologia molecolare di Milano, il quale vuole dimostrare che nel nostro DNA si nasconde uno spartito musicale. Anzi 23 mila, tanti quante sono le differenti proteine che abitano in ogni cellula. In pratica vengono incrociati l'alfabeto della musica con quello del codice della vita, dove a ciascuna lettera del genoma viene abbinata una nota, in modo tale che ogni gene, e quindi ogni proteina, possa diventare un suono, così si possono ottiene un'infinità di brani.


Più recente, il 5 maggio, a Pisa si è esibita la Dinamitri Open Combo, che ha presentato “Mappe per l'Eden”, un progetto che rielabora in musica il percorso dell'evoluzione musicale dalle origini dell'uomo ai nostri giorni. Un progetto di ricerca che unisce due gruppi tra i più attivi del Jazz italiano, Dinamitri Jazz Folklore e Open Combo.


"Personalmente credo che ci siamo fatti da tempo un'idea di come la musica, per le sue componenti emotive e per la sua inafferrabilità, rappresenti lo spirito che ci tiene in vita. Solamente non abbiamo ancora trovato le giusta parole per descriverla."