martedì 29 dicembre 2020


Nina

(By Amptek Alex Marenga)




 NINA è il triplo CD retrospettivo uscito su Auand Records di Gabrio Baldacci. Grazie alle produzioni di Auand stanno emergendo varie realtà contemporanee della chitarra di matrice jazz e post-jazz e sicuramente l’eclettismo di Baldacci lo pone trasversalmente ai generi. 

L’autore dimostra di muoversi agevolmente in vari ecosistemi sonori e questo album cosi denso di materiale offre una panoramica esauriente sulle sonorità che esplora. 

Nell’ultimo decennio la coesistenza di strumenti “tradizionali” ed elettronici e di generi consolidati con i modelli estetici creati all’interno dei generi di musica elettronica è una caratteristica del repertorio di molti giovani autori e anche Baldacci non è scevro da simili contaminazioni. 







Il primo CD “Solo” (2017), è sostanzialmente realizzato in solitudine con l’impiego di chitarra ed elettronica, le distorsioni scure e sature che si coniugano con ritmiche digitali e atmosfere ambientali cupe al limite del drone doom caratterizzano quasi tutte le tracce dell’album.





Il ciclo dei quattro brani intitolati” Zouji” (numerati da 1-4) si muovono fra suoni chitarristici saturi e filtrati e ritmiche elettroniche spezzate, la title track “Nina” è dedicata alla figlia ed è una ipnotica ballata surreale.

“Dark was the Night Cold was the Ground” è un brano doom scuro, “Tambonof” ha un atmosfera più industriale che ricorda anche alcune sonorità frippiane del periodo “Red” solo “PF10” trasporta in un contesto acustico ma con un armonia complessa e dissonante, un brano ricercatissimo che spezza la tessitura scura dell’album.

Questo lavoro fatto in solitudine attraversa quindi territori introspettivi esplorando sonorità e soluzioni vicine ad un art rock sperimentale e distorto, l’autore, qui come in quasi tutto il triplo album, fa amplio uso di soluzioni improvvisative ma fuori dai canoni estetici del jazz.





Il secondo disco “Tambrio” (in duo con Stefano Tamborrino, registrato nel 2019), si pone su territori in bilico fra alternative-rock e avanguardia noise. L’album si apre su “Made in Bones” un brano lento e ossessivo, con un tema scandito da una chitarra distorta e a tratti rumoristica caratterizzato da un vocalismo sperimentale no-wave. 

“Nacoro” è un brano più funkeggiante con uno sviluppo rumoristico free, fra i Sonic Youth più radicali e Zorn. “Sobaba” è invece una track dissonante e distorta, la chitarra si muove fra saturazione e rumore mentre “Tra Blinio” è un brano ambientale astratto e atonale senza alcuna ritmica.







“Notra Libi” è divisa in tre sezioni, inizia su un groove tambureggiato e una chitarra con accordi dissonanti, poi cresce su un groove spazzolato per esplodere nella seconda parte in una specie di “lark tongues in aspic” distorto e zorniano. 

“Too Blaines Infart” è invece meditativo, è una sequenza di accordi di chitarra clean con fondo ambientale rumorista di percussioni strusciate. “Potamba” è una ballad con qualche influenza jazzistica, un po' friselliana, con una chitarra che porta l’armonia e una seconda distorta che espone un tema lirico e dilatato, la batteria spazzolata esegue un ritmo leggero appena accennato ma sul finale il brano diventa più serrato e le due chitarre processate con effetti di modulazione si contrappuntano su due linee dissonanti. 

“Rotuli Tic” è una parentesi di 36 secondi su un ritmo quasi afro latino portato in modo percussivo dalla batteria mentre “Divo Crain”, che chiude il lavoro, è una ballad astratta e introversa che finisce in modo rumoristico e spezzato, inframezzato da silenzi e guizzi di improvvisazione noise.

“Tambrio” è un album che mostra un linguaggio omogeneo e ben centrato, con riferimenti alle avanguardie newyorkesi, alla no wave, al rock sperimentale e rumorista e all’art rock, in cui l’improvvisazione aiuta a sviluppare le strutture dei brani con soluzioni e idee sempre molto varie ed eterogenee,  difficilmente i brani prendono delle direzioni prevedibili.






L’ultimo capitolo del trittico è “Mr Rencore” (2014) ed è in trio con Daniele Paoletti alla batteria e all’elettronica e Beppe Scardino al sax baritono e alto e contiene le composizioni più aggressive e che riporta a quei territori di confine fra free-jazz e rock sperimentale delineati in passato dalle produzioni di autori come John Zorn, Henry Kaiser, Arto Lindsay, Bobby Previte e di Tim Berne. Un territorio sonoro completamente trasversale che individuare come estensione del jazz sarebbe limitante e che oggi rappresenta un epicentro sonoro ancora molto creativo

I brani sono solo 5 e la raccolta si apre con “Kudra”, un brano di quasi 10 minuti che spazia fra rock rumorista e jazz, e che si muove fra ritmiche serrate e aperture ambientali. “La Rana e lo Scorpione” è una traccia nervosa con un tema all’unisono spezzato e articolato che si lancia per ben 12 minuti in una serie di sezioni e piani sonori diversi, che rendono il brano una specie di suite sperimentale







“Gnu Gun” è un brano sospeso e spigoloso, che nella fase finale cresce sulle frasi atonali e acide della chitarra distorta mentre “Ricorso 737” si fonda sui continui contrappunti tra chitarra e sassofono e la finale “Goodbye Sun” è un brano ipnotico che inizia su degli accordi di chitarra distorta e che cresce lentamente come una ballad industriale


Questo triplo album rappresenta l’esplorazione di un mondo sonoro complesso e articolato, che fa riferimento a diversi modelli estetici e culturali, più vicino a una certa avanguardia newyorkese e alle atmosfere di un certo rock alternativo che alle contaminazioni tipiche del jazz. Gabrio Baldacci, sia come autore che come chitarrista, emerge per l’eterogeneità lessicale. Il suo vocabolario chitarristico integra diversi tipi di tecniche e di soluzioni stilistiche, dimostra padronanza dell’effettistica e delle sue possibilità ed eredita influenze eterogenee completamente trasversali ai generi musicali. “Nina” è una delle migliori produzioni italiane del 2020, pur essendo in realtà un lavoro antologico, mostra un universo che abbraccia diverse declinazioni sonore che lo pone a livello di molte produzioni internazionali, sicuramente un autore da tenere d’occhio ... 






https://auand.com/



lunedì 28 dicembre 2020

SANTO BALSAMO

Choro de Rua




Lo scorso 2019 il duo Choro de Rua ha avviato una intensa ricerca sul Choro contemporaneo.

Una volta decisi i brani più rappresentativi di questa nuova e sempre crescente ondata creativa, decidono di realizzare un nuovo album. Grazie al crowdfunding, che ha beneficiato della partecipazione e del contributo di numerosi appassionati ed artisti, in questo “virale” 2020 ha potuto vedere la luce “Santo Bálsamo.”





Il Duo è composto dalla flautista Barbara Piperno e dal chitarrista Marco Ruviaro, il quale firma due splendidi brani, “Santo Balsamo” che da il nome all' album e “Jabethicaba” che vede la piacevole e vivace collaborazione della pianista Elizabeth Fadel.





Un altro importante collaboratore è il clarinettista Gabriele Mirabassi, grandissimo e storico interprete della musica brasiliana in Italia e nel mondo. Co protagonista e arrangiatore Mirabassi impreziosisce due brani importanti di questo nuovo repertorio do Choro, il primo è “Santos Reis” del giovane clarinettista brasiliano Alexandre Ribeiro, mentre l'altro è firmato dal mandolinista Hamilton de Holanda, famoso e in tutto il mondo è un'icona importante della nuova scena musicale brasiliana, in Italia ha collaborato con Stefano Bollani.


Tra i nuovi composito non mancano due chitarristi, Fernando de la Rua autore di “Triki” e Alessandro Penezzi, noto anche per la sua attività come didatta, che firma “Geringonça”.





Mentre “Forró do Marajó” è stato composto a quattro mani dalla violinista Carol Panesi e il pianista/fisarmonicista Salomão Soares. “Que falta faz tua ternurn” è l'opera di un altro giovane pianista e compositore André Mehmari.



“Tres formas de Choro Para uma mágoa, Desprezado della storica coppia Sérgios Santos e Pixinguinha, è un doveroso e intenso omaggio alla tradizione musicale do Choro.

Molto interessante e significativo è il brano “Partita BWV103: Allemande” di J. S. Bach, da notare come due generi musicali molto distanti, come genere e periodo storico, ma di grande spessore culturale si fondano insieme con grande naturalezza.


In generale l'album si ascolta con grande curiosità e coinvolgimento, tutti i ritmi e i colori do Choro sono ben esposti ed interpretati, nonostante le regole armoniche con cui vengono composti i brani, anche quelli moderni, c'è tanto spazio per l'improvvisazione, la quale rappresenta l'elemento fondamentale per rendere ogni interpretazione unica ed ispirare nuove composizioni.


In Italia la musica brasiliana ha avuto da sempre un grande seguito, prima con il samba, la bossa nova e il latin jazz, oggi è il momento do Choro, un genere musicale che invoglia a confrontarsi, a condividere e aggregarsi, “Santo Balsamo” è un ottimo antidoto per superare questo momento storico dove l'isolamento e la diffidenza creano una distanza apparentemente incongiungibile.







Barbara Piperno flauto traverso e voce
Marco Ruviaro chitarra a 7 corde

Brani 


Santo Bálsamo (Marco Ruviaro)

Forró do Marajó (Carol Panesi/ Salomão Soares)

Que falta faz tua ternura (André Mehmari) pianista

Partita BWV103: Allemande (J. S. Bach)

Santos Reis (feat. Gabriele Mirabassi, clarinetto)

Jabethicaba (feat. Elizabeth Fadel, piano) (Marco Ruviaro)

Tiro e Queda (André Parisi) Clarinettista

Tres formas de Choro
Para uma mágoa / Desprezado (Sérgios Santos/Pixinguinha)

Triki (Fernando de la Rua)

Geringonça (Alessandro Penezzi)

Flor da vida (feat. Gabriele Mirabassi, clarinetto) (Hamilton de Holanda)


info:

http://www.choroderua.com/

martedì 8 dicembre 2020

 

SONG OF THE AVATARS 

 THE LOST MASTER TAPES







Cinque anni fa, il regista Liam Barker stava lavorando al film

ducumentario “Voice of the Eagle: The Enigma of Robbie Basho”







Il soggetto di Barker era il defunto chitarrista che ha

contribuito assieme a John Fahey e Leo Kottke a dare vita allo

stile musicale che oggi conosciamo con il nome di 

“American Primitive Guitar” .

Per realizzare il Film il regista ha dovuto ripercorrere la vita

solitaria del piccolo Daniel, iniziato a Baltimora e terminato in

una casa nella Carolina del Sud.






Durante il percorso a sentito spesso parlare di una raccolta di

registrazioni personali dell'artista che apparentemente era andata

persa dopo la sua prematura morte nel 1986. Così il regista si è

ritrovato in una casa fatiscente, circondato da pile di vecchi

giornali ed escrementi di animali.

"Quando ci sono andato, era come se fosse uscita da un film

dell'orrore"

Con grande stupore, in circostanze igieniche pietose , vengono

riesumate una pila di scatole contenenti dei nastri magnetici

ancora sigillati.

"Miracolosamente, alcune di queste registrazioni sembrano essere

state registrate ieri".





Il 4 dicembre In accordo con l'Estate di Basho e i custodi

originali dei nastri, Tompkins Square pubblicherà “Song of the

Avatars: The Lost Master Tapes”, un set in 5CD di materiale

inedito.

 L'etichetta pubblicherà anche un singolo disco in vinile LP,

durante il Record Store Day '20. Il set include note di Barker,

Henry Kaiser, Steffen Basho-Junghans, Glenn Jones e Richard

Osborn.






"Ho passato anni in viaggio a cantare canzoni popolari che non

avevano significato, sai, solo per emulare. E mi sono reso conto

che invece la musica dovrebbe dire qualcosa. La musica dovrebbe

fare qualcosa. Poi ho iniziato a provare a vedere quanto in alto e

bello potrei andare.” 

Rimasto orfano, il piccolo Daniel verrà adottato dalla famiglia

Robinson, riceverà un'educazione religiosa e passerà un'infanzia

tranquilla.Come studente presso l'Università del Maryland tra la

fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60, dopo le prime

esperienze con la tromba e il coro della scuola, passerà alla

chitarra dopo aver fatto amicizia con i colleghi chitarristi John

Fahey e Max Ochs.






"Quando ho iniziato, c'era un grande culto a Washington,

nell'Università del Maryland, del country blues e della Folk

Music, poi ho sentito anche la Musica Hindu.."

Basho lasciò Baltimora e si trasferì a Berkeley, dove si immerse

nella religione e nella musica orientale, e si ribattezzò in onore

del poeta giapponese del XVII secol Matsuo Bashō.


"Era sincero e inconsapevole di quello che stava facendo", dice

Glenn Jones, un chitarrista e collezionista che divenne amico di

Basho alla fine degli anni '70.

Gli amici e la famiglia di Basho lo descrivono come un ragazzo

che era profondamente impegnato nella sua musica, ma per il resto

era un solitario, afflitto dall'ansia.

"Amavo la sua musica ed ho sempre pensato che ci fosse di più di

quanto volesse esprimere. Ero convinta che sarebbe stato il

prossimo grande successo, ma non era davvero il suo interesse. Il

suo interesse era nel fare la musica, non nel ricevere molta

attenzione ", ha detto Margaret Lewis, ex fidanzata di Basho, in

Voice of the Eagle.

Aveva 45 anni quando morì a causa di un'arteria rotta nel collo.

Tutti i suoi dischi erano fuori stampa in quel momento. Lasciò la

maggior parte dei suoi beni al Sufism Reoriented, nella quale

entro a farne parte negli anni 70, che finirono sparsi per il

paese, come la sua collezione di registrazioni che finì dispersa

in quella casa in South Carolina.

L'amico Jones afferma che la riscoperta di queste registrazioni è

un'aggiunta importante alla sua eredità.

"Alcuni degli assoli di chitarra mi mettono fuori combattimento.

Perché questo non è mai apparso su nessuno dei suoi dischi? Eppure

è buono come qualsiasi cosa che ha pubblicato. Ed eccolo qui,

dimenticato in queste scatole di cartone dagli anni '80!."

Le composizioni su quei nastri abbracciano l'intera carriera di

Basho, dai suoi primi esperimenti con il blues alle composizioni

tentacolari dei suoi ultimi anni. Ma come ha detto in

quell'intervista del 1974, il suo obiettivo è rimasto lo stesso.

"Io, Leo Kottke e John Fahey dieci anni fa abbiamo iniziato a

prendere la chitarra con corde d'acciaio e abbiamo provato a farne

uno strumento da concerto. Sai, le corde di budello sono ottime

per la musica d'amore e così via. Ma l'acciaio, puoi prendere

fuoco. Puoi cavalcare e puoi volare."

 il percorso di Basho avrebbe preso una svolta decisamente

diversa, portando nel suo lavoro le tradizioni musicali hindi,

indiane, giapponesi e dei nativi americani. I suoi album per

Takoma e Vanguard hanno lasciato una traccia indelebile ed ha

influenzato generazioni di musicisti, da William Ackerman e Pete

Townshend a Ben Chasny e William Tyler.






Non ho ancora potuto ascoltare il cofanetto, perché è già sold

out, mentre ho assaporato con grande entusiasmo il vinile che

contiene 5 canzoni eteree ed accorate e 2 intensi strumentali. 

La voce di Basho, molto duttile, è capace di sfumature impressionanti.

 In “If I Had Possession” sembra posseduto dalla voce di Skip Jamas mentre la chitarra è quella di un infuocato Son House.

 “Gypsy Rosary”, primo strumentale, è la tipica forma “American

Raga” di Basho, dove alterna larghi arpeggi romantici con

dissonanze ricche di introspezione.

”Come to Me” è il canto d'amore di un moderno menestrello dalla

voce possente e dal vibrante yodel.






“Golden Palomino” è un canto Folk,sempre arricchito dall'immenso

Basho's Yodel, qui dal sapore esotico quasi Hawaiano. 

“American Sunday” è il secondo brano strumentale, ricco di luce e

di speranza.

“Bride of Thunder” è un altro canto d'amore dal sapore romantico e

medievale.

“Califia” è il nome della leggendaria regina delle donne guerriere

dalla pelle scura, da cui prende il nome lo stato della Cafornia.

Il brano è un canto onirico, una intensa lode dove la voce prende

tutti quei colori, quelle ombre e quel sapore amaro tipici del

linguaggio musicale di Basho.





La qualità delle registrazioni, se pensiamo che sono rimaste

sepolte tra i rifiuti per almeno 34 anni, è impressionate. Pulite

e ben bilanciate, esprimono un'intimità ed un calore che forse non

erano destinati al pubblico ma, erano solo un diario sonoro da

tenere per SE!”

martedì 24 novembre 2020

 

Giochi Rumorosi







"Noisy Games"  di Manlio Maresca & Manual for Errors

Quello di Manlio Maresca è un percorso originale, la sua musica non è ne banale ne di facile comprensione. Per descrivere il suo pensiero musicale usa spesso modi giocosi, distorti e dissonanti, che possono disorientare l'ascoltatore meno attento. In realtà la sua musica è molto più complessa, come diceva G.Gaslini "anche nel Free ci sono delle regole", cosi l'apparente “libero disordine” in realtà segue delle regole compositive pianificate dall'autore . Il concetto di “errore” come dissonanza sublima il pensiero di T.Monk che affermava “ un errore ripetuto due volte è una composizione!”(estemporanea).




Maresca, originario di Terracina, si fa le ossa e cresce nel tessuto urbano della Capitale, sono numerose le collaborazioni e i progetti portati avanti. Ricordiamo il progetto NEO con l'amico Carlo Conti, purtroppo scomparso prematuramente pochi mesi fa .






In fase creativa, oltre a mettere in atto gli studi musicali, crea un puzzle di quello che è stato il suo background giovanile, la musica elettro/wave , anche il grunge/punk, ma soprattutto i suini tipici dei video games che hanno scandito la colonna sonora delle giovani generazioni degli anni '80/'90 . Suoni ricorrenti nelle sue composizioni, che prendono il posto di accordi o progressioni melodiche, creando così un linguaggio personalissimo ed introspettivo.





Da qualche anno Manlio si è trasferito a Berlino, uno tra i più attivi bacini culturali d'Europa. Sicuramente questo trasferimento ha influito  e contribuito quella che è stata la metamorfosi di questo nuovo album, dove oltre alla chitarra, i synth, i loop e le drum machine manovrate dal Maresca, troviamo tutta la complicità del quintetto denominato Manual for Errors che  si avvale  di Daniele Tittarelli al sassofono, Francesco Lento tromba, Matteo Bortone contrabbasso e Ivan Liuzzo batteria.






Sembra che in “Noisy Games” niente sia lasciato al caso, i titoli dei brani sono chiari riferimenti o dediche di alcuni ricordi che hanno segnato il percorso artistico dell'autore, il quale non risparmia nessun secondo messo a sua disposizione per raccontarci la sua complessa personalità.






Personalmente penso che tanto lavoro vada premiato con un ascolto attento e senza confini di "genere", il risulto è più che ottimo, la scrittura è talmente articolata e personale che è difficile, se non impossibile, trovare riferimenti tangibili o scontate citazioni, forse mai come in questa occasione, visti gli elementi anche non strettamente musicali, il termine di modernità prende il meglio del suo significato.


Brani:


01 Anni ‘90 8.43

02 Acoustic Maldpanza 6.37

03 Der Quintessenz der Mittelmaessigkeit 3.06

04 Sette 4.06

05 Horror Spices 4.01

06 Genau 10.33

07 Stand By 3.04

08 A volte la vita è brutta ma prima o poi arriva sempre il momento peggiore 6.25

Manual for Errors :


Manlio Maresca guitar
Francesco Lento trumpet
Daniele Tittarelli alto sax
Matteo Bortone double bass
Ivan Liuzzo drums

Fabio Recchia electronics in #7






Produced by Manlio Maresca
Exectuive producer: Marco Valente
Recorded at Hombrelobo, Roma – Italia by Fabio Recchia
Mixed and mastered by Fabio Recchia
Cover photo by Federico Fazzi


mercoledì 18 novembre 2020

 

Trulletto Records






Sembra che la Puglia non sia solo una delle mete preferite per le vacanze estive ma, anche la regione italiana con più produzioni discografiche. Negli ultimi anni abbiamo visto sorgere nel “tacco” diverse realtà discografiche, ognuna è stata una scommessa vincente. Da qualche tempo si è aggiunta una nuova voce nel coro. La Trulletto Records ha deciso di navigare tra le onde del nuovo continente, non importa se si tratta di attraversare le acque fangose della Roots Music o le paludi del Blues , oppure quelle più cristalline del Country e del Folk , l'importate è raggiungere l'obbiettivo, aggiungendo una nuova prospettiva sonora della nostra penisola.


Alla base dei loro progetti ci sono i rapporti umani, l'amore per la Musica Acustica e la voglia di crescere. Al momento hanno prodotto otto album, nonostante la forte influenza dettata dai generi d'oltre manica, lo spirito è quello caldo e amichevole del “SUD!”, se vogliamo tipicamente italiano.

Non lo dico per spirito di nazionalismo ma perché sono un pò “tanto” stufo dei soliti stereotipi legati alla malavita o alla pigrizia dei meridionali, da nord a sud abbiamo tutti  molte qualità e professionalità e la Trulletto, grazie alla loro passione, al loro spirito di collaborazione e la voglia di mettersi in gioco, non mancherà di smentire questi luoghi comuni.






Prima di tutto chi è Sebastiano Lillo e qual'è il suo background ?


Sebastiano Lillo, musicista e produttore. Co-band leader dei progetti Angela Esmeralda & Sebastiano Lillo, The Drive Band con i quali ha performato in Italia e all'estero. Session man(Giuliano Vozella, Acquasumarte, David Place, etc).

Nel 2019 fonda la sua etichetta e studio di produzione:Trulletto Records e pubblica il singolo dell'artista Cedro. Nel 2020 è il produttore dei seguenti artisti, targati TRULLETTO RECORDS: Hat in the Garret, i Funketti Allucinogeni, Feel, Sebastiano Lillo & Carlo Petrosillo,Palma Cosa, Ale Ponti.


Da quanto tempo stavi conservando questo progetto?

Penso sin da ragazzino, aprivo le copertine dei dischi, guardavo le foto degli artisti in studio, osservavo i loghi delle label e pensavo: anche io vorrei fare una cosa del genere, è sempre stato un tarlo, nel mio piccolo un sogno che si è avverato.


Quali sono le tue esperienze nell'editing musicale?

Non sono un fonico ne un ingegnere del suono, qui a Trulletto c'è chi sa farlo bene, in ogni caso ho ricevuto in regalo a 16 anni un registratore a bobine Tascam e da li non ho mai smesso di registrare,mi piace seguire la fase di registrazione così come quella di missaggio, confrontarmi con i miei collaboratori ed artisti, l'obiettivo è tirare fuori il miglior suono che rispecchi artista, opera ed etichetta.


Ci puoi parlare dei tuoi collaboratori ?

Ho fondato Trulletto nel 2019 ma ho subito capito che da soli si riesce a fare bene poco! Ho la fortuna di collaborare con Paolo Palmieri, amico e socio, lui si occupa della fase di recording e missaggio, c'è Fra “Pizzetto” Guadalupi, fonico dalla grande esperienza(ha seguito tantissimi artisti come Alborosie, Apres la classe, etc) che si occupa di mastering e consulenza sull'acustica, Gaia Fumaroli invece è la nostra content creator e copywriter, una penna pazzesca con idee fantastiche e Nesia che si occupa del nostro sito e grafiche, facendoci apparire belli, un team giovane e con voglia di confrontarsi e migliorarsi.







Avete dei canoni imprescindibili per la produzione degli album?

La fase di registrazione e missaggio sono fondamentali per riuscire a fare una “fotografia” sonora veritiera, diciamo che poniamo un incredibile attenzione a queste due fasi, adoriamo molto i microfoni a nastro, le registrazioni live, non ci sono canoni imprescindibili ma forti punti di riferimento.


Come ti relazioni con i musicisti che hai prodotto ?

Inserire gli artisti in un contesto informale, limpido e denso di rispetto, non andare di corsa e di conseguenza non avere l'orologio al polso che scandisce ore e impone scadenze sono la base della filosofia della nostra label. Parlare con gli artisti, prendersi del tempo per seguire i giusti percorsi e il confronto sono capisaldi del nostro modo di agire.


Nella vostra collana c'è anche un tuo album in duo, ce ne vuoi parlare ?

Si, in duo con Carlo Petrosillo al contrabbasso, l'ep si chiama Cianfrusaglie ed è stato il primo disco di Trulletto, abbiamo pensato di testare dapprima su di noi lo studio, le macchine e l'acustica, insomma l'intera etichetta, abbiamo preferito fare esperimenti su noi stessi prima di aprirci completamente, meglio rischiare prima sulla nostra pelle, è andata benissimo comunque.





Il vostro pilastro è la musica acustica, perché questa scelta?

E' la musica che adoro in generale, contiene una forte connotazione di verità, non mente! In ogni caso siamo apertissimi a contaminazioni e commistioni, il nostro catalogo non è così radicale.


Pensi che in futuro ci possa essere spazio, nella vostra produzione, per progetti legati al mondo dell'improvvisazione e del minimalismo contemporaneo ?

Credo proprio di si, il nostro obiettivo è riuscire a creare link e ponti, rispettando sempre la nostra essenza e quella degli artisti, ci sono già stati contatti con alcuni artisti formidabili, aspettiamo le naturali evoluzioni.


Anticipazioni future ?

Abbiamo un disco super blues in uscita il 16 novembre, si tratta di Ale Ponti, un grande chitarrista roots. Il 20 dicembre esce Pandora's Box di David Place in bilico fra folk e canzone e per il 2021 abbiamo 3 uscite in programma e l'immensa voglia, come tutti, che la musica live ritorni!




https://www.trullettorecords.com/

https://www.facebook.com/trullettorecords/

https://trullettorecords.bandcamp.com/

https://www.youtube.com/channel/UCQD4Eu_80NEisWLqAuTqulQ

domenica 15 novembre 2020


The Auanders di nuovo insieme con TEXT(US)

(Il collettivo è un gioco di famiglia)









«Abbiamo sempre considerato Auand come una famiglia: un gruppo di persone, prima di tutto. Persone che hanno una visione comune e soprattutto un fine comune. Quello di diffondere bellezza, di non cedere alle lusinghe del mercato e di spingere un po’ più in là i confini della sperimentazione, sia dei suoni sia della scrittura. Da qualche anno possiamo dire certamente che c’è una scena italiana vivissima: una generazione in fermento. Ci piace pensare che Auand Family sia una bella fotografia di buona parte di questa scena».



Queste sono le preziose parole spese dal patron della label per presentare l'ennesimo miracolo discografico a cui ci hanno abituato.
Sir Valente evidenzia il desidero di complicità al quale la AUAND FAMILY , una sorta di famiglia allargata e fuori dai generi e dagli stereotipi. Quel tipo di famiglia dove non c'è bisogno di un patriarca, ma dove tutti fanno la loro parte senza che nessun altro rimanga in dietro, un gioco responsabile e proficuo, un esempio di equilibri e interazioni che in pochi riescono a raggiungere.


Il 27 luglio scorso avevamo proposto per intero la presentazione dell'etichetta, adesso, in fase di recensione, vogliamo solo ricordare la partecipazione che “The Auanders”, una sorta di gruppo modulare o meglio una all-star di casa Auand, hanno pensato bene di coinvolgere, artisti come Francesco Bearzatti e Sara Battaglini, ma l'intuito di affidare alle sapienti mani di Stefano Bechini, col supporto Francesco Ponticelli, la registrazione, il missaggio e il mastering dell'album.


Ricordiamo inoltre che per il titolo dell’opera è stato scelto un bellissimo testo scritto da Elena Chiattelli, che è incluso nel disco:

TEXT(US), che viene da Textus, tessitura, e che focalizza alla perfezione il senso dell’impegno di Auand in questi 19 anni di attività. È sembrato naturale giocare anche su Text Us (“scrivici un messaggio”): la voglia di entrare in contatto e in empatia con l’ascoltatore è uno dei punti chiave dell’etichetta di Bisceglie.

Grazie alla scrittura e all’arrangiamento dei brani firmati ad alcuni dei musicisti più attivi tra quelli che collaborano con Auand si ha una buona panoramica del paesaggio sonoro che la label propone da quasi vent'anni. Per questioni di lunghezza, l'opera verrà distribuita nella versione 8 tracce in CD e 6 in in LP. Anche se nella versione in Vinile non si potranno ascoltare due tracce, il passare della puntina tra i solchi non perderà, anzi, quell'atmosfera calda ed eterea che aleggia in tutte le composizioni.







Sono dell'idea che ad oggi, con l'eccessivo inquinamento acustico e l'assiduo bombardamento di tormentoni commerciali ci siamo “molto” allontanati da quello che è la Musica nell'Arte.

Perciò, a volte, siamo convinti che alcune cose sono brutte, distorte o banali provocazioni. Semplicemente non le sappiamo più ascoltare. Ne consegue che per ascoltare un'opera di questo livello bisogna aprire bene le orecchie ed rieducarle, questo ci aiuterà ad apprezzare a pieno questa ma anche altre opere degne di essere chiamate tali.




Si susseguono otto brani forti, intensi di grande scrittura, difficilmente collocabili nel “contenitore di genere!”. Anche se … è possibile pescare nel background di ogni protagonista del progetto un riferimento legato ai suoi ascolti, hai suoi studi o alla sua professione, in realtà non emerge nessuna emulazione. Parliamo di artisti navigati che conoscono bene il loro “mestiere” e che non si abbandonano mai a banali esercizi ginnici o trucchi esoterici.
Con questa opera il panorama musicale del Jazz, non solo italiano, o meglio della “Musica Estemporanea” * si arricchisce delle più moderne sonorità, riportando questo “generi “ al suo ruolo più significativo ossia rappresentare il presente tessuto sociale.

Nel pieno spirito della contaminazione (da non confondere con il più sovversivo e commerciale della globalizzazione) possiamo trovare tinte di elettro pop , con un moderno ologramma vocale di Billie Holiday nel primo brano o un “cavernoso” Nick Cave nel terzo. 









Un immateriale Don Byron nel quarto brano oppure un omaggio, forse indiretto, alla storica formazione degli “Embrio” nella sesta traccia. Tutte queste prospettive lasciano intendere la quantità e qualità di stimoli che offre questo progetto. Ogni brano è una suite, all'interno possiamo trovare brani che parto da un punto e approdano in dimensioni inaspettate, l'equilibrio tra l'elettrico e l'acustico, tra la composizione e il caos ci lasciano scrutare impalpabili sfumature, dove i continui giochi di luci e ombre creano piacevoli tensioni.


Sono convinto che un continuo e approfondito ascolto possa realmente riaprire quei preconcetti commerciali che ci hanno condizionati negli ultimi decenni, aprendoci ad un ascolto più maturo e libero !



Brani :


1 Eternal (Graziano, Battaglini, arr. Graziano)
2 Ottimo! (Ponticelli, arr. Zanisi)
3 Song To The Unborn (Tamborrino, arr. Tamborrino)
4 What Are You Sinking About (Cisilino, arr. Cisilino)
5 Keep Your Ass Naked (Risso, arr. Risso)
6 Fies (Vignato, arr. Vignato)
7 One Week (Calderano, arr. Calderano)
8 The Boat (Diodati, arr. Panconesi)
 
CD contains 2 bonus tracks.
LP set list is different.
 
The Auanders:

Mirko Cisilino: trumpet (except on #8), french horn on #1,3,4,8
Michele Tino: alto sax, flute on #2,3
Francesco Panconesi: tenor sax
Beppe Scardino: baritone sax (except on #6,8), bass clarinet on #2,6,8
Filippo Vignato: trombone
Glauco Benedetti: tuba on #1,3,4,5,8
Francesco Diodati: guitar
Enrico Zanisi: piano (except on #4), rhodes on #2,4,6, synth on #2,5,8, glockenspiel on #3
Francesco Ponticelli: electric bass on #1,2,3,4,6, double bass on #4,5,7,8
Stefano Tamborrino: drums, percussion on #3, voice on #3
Special Guests:
Sara Battaglini: voice on #1,3
Francesco Bearzatti: clarinet on #3,4
Stefano Calderano: guitar on #7
Simone Graziano: rhodes on #1
Evita Polidoro: voice on #3



recorded at Cicaleto Recording Studio, Arezzo, Italia
on February 7-10, 2020 by Stefano Bechini
#1,3,5,7,8 mixed at Cicaleto Recording Studio, Arezzo, Italia
on March 2020 by Francesco Ponticelli
#2,4,6 mixed at Green Brain, Piancastagnaio (SI), Italia
on March 2020 by Stefano Bechini
mastered at Green Brain, Piancastagnaio (SI), Italia
on March/April 2020 by Stefano Bechini
Produced by Marco Valente
executive producer: Marco Valente
graphic design by Cesco Monti
inner photos by Elvio Maccheroni




*Per l' uso che faccio di questo termine vi rimando al mio asticolo:

http://musicistanonimo.blogspot.com/2018/02/me-musicaestemporanea-sembra-che-la.html

lunedì 9 novembre 2020

 



The Connection



“La connessione, non da oggi, è una pratica necessaria, irrinunciabile per l’essere umano. È fondamentale, per quegli animali sociali che siamo, secondo Aristotele, potersi trasmettere esperienze e sentimenti, e non si può farlo restando distanti. La connessione, pertanto, rimanda a una prossimità che però non può essere solo fisica o tecnologica.

Restringendo un po’ il campo e andando più a fondo, la connessione va intesa anche in senso personale: e allora si tratterà innanzitutto di un equilibrio interiore da perseguire. Per farlo, bisognerà rifarsi anche ad un’ulteriore interpretazione del termine “connessione”: nel senso del saper connettere, riflettere e fare propri i risultati di tale ricerca. Solo in questo modo ragionato, ciò che condivideremo – e mai come oggi i termini di “condivisione” e “connessione” sono strettamente collegati – potrà avere un senso, e non essere semplicemente un tic nevrotico, pavloviano, necessitato da una moda convenzionale e insensata.

Ogni sguardo, ogni immagine, ogni parola, ogni nota non possono non avere il loro peso, nel comunicare tra noi, e una loro motivazione precisa. Con la giusta connessione, intendendola appunto nella sua più ampia accezione, sarà facile e ragionevole poter condividere tutto questo.”




Basterebbe anche solo questo estratto per comprendere ed immaginare i suoni di quest'album. Niente è lasciato al caso, l'equipaggio che Aldo ha formato per questo viaggio sonoro è coeso e ben strutturato. Non ci sono molte pause nei brani, l'urgenza di comunicare è troppo forte e lascia poco alle riflessioni per lasciare spazio all'istinto. Ogni brano racconta una storia, bella o brutta che sia ma comunque vera. Suoni struggenti e febbrili, che raccontano un disagi che ben rappresenta l'attualità. La voglia di comunicare, anche a distanza, rimanere connessi con il prossimo per non perdere i legami col passato e vivere un presente costruttivo per il futuro.



Aldo prosegue con la descrizione dei brani

“Un ricordo va a due carissimi amici che non ci sono più, Nico D’Alessandro e Stefano Cerundolo, che mi hanno anch’essi aiutato a coltivare la mia passione per la musica, cui resto riconoscente per sempre.



Heart on a mountain è per Maria Pia, per ovvi motivi, ma che lei sola conosce profondamente.

This is my place per Emanuele, Giampaolo e Mauro, per tutta la musica che hanno aggiunto alla mia, ben sapendo qual era il loro posto.

Oral culture è per il Jazz di ieri, di oggi e di domani, con amore.

The dolmen and the sea è per la Puglia, i suoi rasserenanti scenari di bellezza tra terra e mare, che invece celano durezze insospettabili.

Lipompo’s just arrived per la Basilicata, con i suoi paesaggi magnifici e suoi abitanti cape toste, ma anche per Bruno Tommaso, grandissimo uomo e musicista (lui sa perché).

Eternal returns per il mio amico Francesco Saverio Nisio, la sua sapienza e la sua profondità, che amerei avere in pari misura anch’io.

Cappello eolico per la casa, luogo che dovrebbe sempre tenerci al riparo dal vento delle paure e delle inquietudini.

What was I looking for per tutti coloro che prima o poi trovano ciò che non stavano cercando più, o non ricordavano di stare cercando.

Clarabella, infine, è per me stesso da bambino, quando mi venne in mente in qualche modo questo motivo, oggi solo un poco diverso da allora. Il titolo si riferisce ad una storia tratta da una vecchia storia a fumetti letta all’epoca, dove Orazio si fa affiancare da un Topolino a mo’ di Cirano, per farsi perdonare da Clarabella per uno sgarbo, con una serenata posticcia - quella che recito in una delle due versioni. Tutto però andrà a finire piuttosto male: ovvero, nella vita è fondamentale imparare a capire di chi ci si possa fidare sul serio.

E infine, The Connection, complessivamente, è per tutti coloro che, in questo mondo logorato dalla paura e dall’odio dell’Altro, non lavorano a dividere, ma appunto a connettere.”



Aldo Bagnoni è un umo generoso, almeno musicalmente parlando, lascia molto spazio hai suoi collaboratori ed offre una buona opportunità a chi lo saprà ascoltare con il cuore.

Brani.

1.Clarabella 5.20

2.Cappello eolico7.12

3.This is my place 6.24

4.Eternal returns 7.15

5.The dolmen and the sea 11.34

6.Heart on a mountain 9.53

7.Oral culture 6.55

8.Lipompo’s just arrived 6.01

9.What was I looking for 5.52

10.Clarabella (Epilogo) 1.23



Total time: 68.09



All composed and arranged by Aldo Bagnoni (except 3, arranged by Aldo Bagnoni,

Emanuele Coluccia & Mauro Tre) 8, traditional from Lucania, South Italy.



Publishing: AlfaMusic Studio (Siae)



Musicisti

Aldo Bagnoni drums, reciting voice on 10

Emanuele Coluccia tenor and soprano sax,piano on 10

Mauro Tre piano, Fender Rhodes, synth

Giampaolo Laurentaci double bass



Produced by Aldo Bagnoni for AlfaMusic Label&Publishing

Production coordination Fabrizio Salvatore



Photos Pia Sciandivasci

Graphic project Nerina Fernandez


Recording Data

Recording

(28 – 30 June 2019) Sudestudio, Guagnano (Lecce)

Sound engineer Stefano Manca

 

Mix

Aldo Bagnoni, Emanuele Coluccia, Giampaolo Laurentaci, Mauro Tre & Stefano Manca.

 


Mastering AlfaMusic Studio, Rome

Sound engineer Alessandro Guardia


domenica 27 settembre 2020

 Samuele Strufaldi e Tommaso Rosati 

“1.15K” e “Profondo”




Samuele Strufaldi e Tommaso Rosati sono due musicisti che ri-mettono in scena un connubio ormai consolidato,  quello fra il pianoforte acustico e i live electronics.




Pioniere di queste interazioni è stato senza dubbio Riyuchi Sakamoto  con le sue performances con nomi di punta della scena glitch ambient sperimentale come Alva Noto, David Toop o Christian Fennesz ma anche artisti di provenienza neo-classica come dimostra il lavoro di Vanessa Wagner con Murcof.

Un binomio quindi frequentato da nomi  importanti e che vede una produzione rilevante di incisioni e di performances, ma l’operazione di Samuele Strufaldi e Tommaso Rosati tenta di mettere nel campo di gioco sonoro un elemento sostanzialmente nuovo, ovvero quello dell’improvvisazione di stampo jazzistico con ben presenti gli sviluppi formali che il pianoforte jazz ha avuto negli ultimi 30 anni.




Questo approccio risulta vincente, perché permette a Samuele Strufaldi di svincolarsi dai barocchismi neoclassici, dal rumorismo cageano o dal minimalismo ambientale sfruttando gli spazi dell’improvvisazione agganciandosi anche a un certo pianismo atmosferico con suggestioni ECM ma spaziando al contempo in varie direzioni. 




“1.15K” del 2019 su Auand è un lavoro di ispirazione “cosmica” ma musicalmente variegato in cui il duo mette in campo varie idee, sia quelle sospese e oniriche, ma anche ritmiche e dissonanti, evitando di cadere nella tendenza in cui scivolano altri esperimenti di questo genere verso lunghi brani monolitici di droni sospesi e note rarefatte.




Brani come “Collisio”, “Pulsar” o “1.15K” tendono all’evocazione di piani sonori ambientali, “Soundbnous” si sorregge su un riff storto e un’elettronica noise, “Orbital” ha un andamento quasi “jarrettoso”, mentre “Particula” è più minimalista ma su una figurazione ritmica spezzata, “Kessler Syndrome” che chiude il disco è un brano molto ritmico e sincopato.

 



Il nuovo lavoro intitolato “Profondo”, del 2020 sempre su Auand per la collana “Auands Beats”, si presenta come un’opera unica divisa in sezioni.




“Profondo” è eseguito dal vivo come una suite senza soluzione di continuità, le sezioni in cui è suddivisa sono proposte come movimenti ma comunque in grado di proporre diverse idee eterogenee.




La sezione iniziale “Descend” si presenta come un drone scuro sul cui il pianoforte intesse una serie di fraseggi, segue la sperimentale “Lights” un duetto di improvvisazioni dissonanti e noise elettronici, “Dance” ritrova un certo sapore di jazz nordeuropeo, “Inflation-deflation” è un brano atonale dal sapore sperimentale su scuri droni elettronici, “Conversation” è una sezione che si sviluppa su ostinati minimalisti “looppati” elettronicamente, “Gestation” è un momento più rilassato e modale, “Ascent” chiude il lavoro, ed è un momento più ritmico, che si articola attorno alla pulsione di una cassa, spegnendosi di colpo dopo tre minuti su una conclusione quasi neoclassica. 

“Profondo” si incentra su un’atmosfera più cupa e scura, l’operazione nel complesso è ancora più ambiziosa che nel disco precedente proponendo un’opera più omogena.  

Samuele Strufaldi e Tommaso Rosati riescono a sfruttare bene le mille sfumature che il controllo sulla scrittura e sull’improvvisazione gli consentono di realizzare riuscendo a muoversi attorno a molte idee diverse a vari possibili incastri fra i suoni acustici del piano e le spigolosità dell’elettronica. Un progetto da tenere d’occhio.