lunedì 5 marzo 2018

 Francesco Geminiani “Colorsound”

con Rick Rosato e Mark Schilders

Il sassofonista veronese, ormai di stanza a New York,
alla testa di un trio internazionale per il suo debutto Auand







 «È un lavoro focalizzato sui colori che vedo ascoltando la musica – racconta Geminiani – una sinestesia che mi accompagna da sempre e che trasforma ogni mia esperienza sonora in un caleidoscopio di sensazioni visive. Ho voluto mettere in musica alcuni di questi colori, cercando di invertire il processo e partendo questa volta dall’aspetto visivo per arrivare alla musica».

Un’idea di fondo così precisa e personale aveva bisogno di accompagnatori fidati. Il contrabbassista Rick Rosato e il batterista Mark Schilders sono ben più che colleghi prestigiosi. Nel percorso newyorkese di Geminiani, che dopo gli studi a Siena e in Svizzera ha vinto nel 2012 una borsa di studio per la New School di Manhattan, hanno intercettato e condiviso le sue intenzioni:







 «Sono due cari amici e incredibili musicisti – spiega il sassofonista – con i quali ho sempre voluto registrare la mia musica. Nelle tante session che ho fatto a New York prima di costituire il trio, sono spiccati per il loro talento e sin da subito hanno compreso le mie composizioni e l’estetica del progetto, rendendo uniche le proprie parti. Rick possiede la capacità di fare da collante tra tutti gli strumenti e nel contempo stimolarmi a cercare nuove soluzioni musicali. Mark ha un orologio interno che fa swingare, nel senso più ampio del termine, ogni colpo e ogni persona presente, con un suono personale che trascende la batteria jazz andando a richiamare percussioni d’orchestra, ritmi africani, rock’n’roll e lo swing più bouncy che c’è!»

...... la caratteristica principale di Colorsound è l’interplay: «è la spinta a rompere gli schemi nella maniera più elegante e bella possibile per me. Ogni brano è volto a creare un recinto, un’atmosfera musicale precisa, che i musicisti trovano poi la maniera di scavalcare andando oltre le aspettative del compositore, e dando perciò spazio a un’improvvisazione il più pura possibile». Il compositore in questo caso è lui, autore di sette degli otto brani del disco, registrato al Bunker Studio di Brooklyn con l’intento di portare in sala solo musica legata a sensazioni quotidiane, e ai colori ad esse associati. Sono nati così brani come “French Blues” o “Ambra”. Ma il più rappresentativo è probabilmente “Agata Blu”, definito dallo stesso autore «uno slalom attraverso tonalità e tempi che passa senza pretendere di essere notato, ma ti lascia con dei ricordi e una piccola colonna sonora più jazz del solito».





"Non aggiungo altre parole alle dichiarazioni dell'autore perchè concordo con la sua descrizione e ne condivido gli obbiettivi, i quali sono stati raggiunti con una lucida maturità ."




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