Personalmente
ho iniziato ad interessarmi anche all'etnomusicologia agli inizi
degli anni '90. All'epoca studiavo chitarra classica e il mio Maestro
mi fece studiare i Mikorokosmos di Bela Bartok. Non sapevo chi fosse
così presi il primo libro che trovai su di Lui. “scritti sulla
musica popolare” è solo uno dei tanti testi realizzati dal grande
compositore ungherese. Leggendolo rimango sorpreso già dalle prime
righe della prefazione di Zoltan Kodaly:
"Nel
1912 ci recammo con Bartok ad un convegno di musicisti a Roma, nelle
due settimane di soggiorno nella città eterna,facemmo anche alcuni
giri nei dintorni. Una volta Bartok ritornò da Albano con un canto
popolare che aveva ascoltato da lontano , era una melodia antica, del
tutto particolare e ricordava le melodie romene. Cercammo anche altre
raccolte italiane, ma nulla che non portasse tracce visibili
dell'influenza della più recente musica classica. Sebbene la melodia
di Albano difficilmente potesse essere l'unica e anche se la musica
colta avesse assorbito da secoli la musica popolare, dovevano pur
esserci delle tracce.”
Si
da il caso che io sia proprio di Albano. All'epoca studiavo e
ascoltavo molta musica ma non conoscevo canzoni popolari o
tradizionali di Albano così antiche. Forse qualche stornello o
canzone folcloristica che non aveva più di 100 anni.
I
rapporti con la Romania risalgono a quando Traiano invase la Dacia.
Albano e gli altri paesi dei Castelli Romani erano usati dall'impero
come legioni dove addestrare i soldati provenienti dalle terre
conquistate. Dopo duemila anni, riscontrare similitudini con altre
melodie ritrovate in Romania da Bartok agli iniziato nel 1905 è
incredibile, ma non impossibile.
Durante
il 1900 l'etnomusicologia si è evoluta velocemente, prendendo spunto
e ispirazione da altre forme di ricerca ha elaborato diversi metodi
di comparazione fino ad utilizzare le ultime scoperte nella ricerca
genetica. Ha eretto così ponti immaginari che nel corso dei secoli
hanno permesso alla melodie di fare il giro del mondo.
Il
discorso sulla “Genetica del suono” si insinua in molti temi
della ricerca, la storia dell'umanità è ricca di aneddoti sulla
sua creazione e sul suo utilizzo. Da Pitagora ai giorni nostri la
filosofia e la scienza hanno dimostrato molto interesse
sull'argomento.
In
termini filosofici, Herbert Spencer diceva che tutto nasce da
un’esigenza emotiva, psicologica, perché le parole non sarebbero
riuscite a esprimere con la stessa efficacia della musica, mentre
Darwin
affermava che la
capacità di creare un linguaggio musicale non sia prerogativa
dell’uomo. Basta osservare il mondo animale per rendersi conto di
come sia insita in tutti gli esseri viventi e il più delle volte
legata funzionalmente alla competizione sessuale. Darwin,
in pratica, afferma che la musica
non
è, come per Spencer, un’elaborazione culturale tarda, ma una
pratica molto più remota, radicata e distribuita nel mondo vivente.
Per
gli scienziati la musica, è iscritta nel nostro DNA , dove il
suono è all’origine delle cose. Secondo la meccanica quantistica,
la materia non è mai inerte, ma è costantemente in uno stato di
moto, di vibrazione continua. Il fisico austriaco Fritjof
Capra diceva:
“Ciascuna particella canta perennemente la sua canzone“. Tutto
ciò che compone la realtà, vibra.
Anche oggetti inanimati e densi come le pietre, un esempio eclatante
è quello dello scultore Pinuccio Sciola, che ci appaiono materia
solida, di fatto, sono forme di energia che vibrano, seppure a
frequenze molto lente. Come diceva anche Pitagora Tutto
nell’Universo
è energia in vibrazione e genera un suono.
Grazie
alla genetica, che ha rivoluzionato il ventunesimo secolo, ad oggi
non c'è studio storico antropologico che non si avvalga delle
moderne scoperte sul DNA. Alcune intuizione, prive di dati oggettivi,
ricavate dagli studi di storia, antropologia, linguistica,
etnomusicologia etc, sono state confermate o contraddette, generando
nuove teorie. L'etnomusicologo Victor Grauer per il suo libro “Musica
dal profondo” ha arricchito la sua ricerca utilizzando i recenti
risultati ottenuti dagli studi genetici. Sembra che le attuali
popolazioni di pigmei e boscimani
,
entrambe le popolazioni condividono un linguaggio musicale
distintivo, sono dirette discendenti di quella piccola popolazione di
esseri umani che tra 70.000 e 100.000 anni fa iniziò a colonizzare i
territori fuori del continente africano, un’impresa di cui ora
vediamo il risultato sotto forma di presenza umana in ogni angolo del
mondo. Tutti gli esseri umani che oggi vivono al di fuori dell’Africa
hanno come antenato quel piccolo gruppo di africani che si mise in
cammino alla conquista del mondo. A sua volta quindi questo
linguaggio musicale, probabilment
e lo stesso cantato dai nostri
antenati poco prima dell’uscita dell’Africa, potrebbe essere il
retaggio culturale di una popolazione ancestrale dalla quale derivano
tutti i gruppi etnici del pianeta.
I
ricercatori hanno tracciato collegamenti tra la morfologia, i geni e
la geografia. Finanziati dal Consiglio europeo della ricerca, hanno
reso note le nuove scoperte sulle prime migrazioni umane dall’Africa
effettuate analizzando il sistema di cavità dell’orecchio interno.
Essi hanno scoperto che le differenze nella forma del labirinto osseo
aumentano all’aumentare della distanza dall’Africa. Inoltre hanno
dimostrato che, oltre il ruolo funzionale svolto dal labirinto osseo
per l’equilibrio e l’udito, l’evoluzione ha conservato una
sorprendente quantità di variazioni all’interno dell’orecchio. È
una scoperta di Ron Pinhasi, archeologo dell’Università di
Dublino, secondo cui l’osso
petroso,
contenente il minuscolo orecchio interno, contiene 100 volte più DNA
di altri resti umani antichi, offrendo un’enorme quantità di
materiale genetico per le analisi. L'osso temporale contiene al suo
interno gli ossicini dell'udito, posti in una cavità detta cavo del
timpano.
Visto
che l'orecchio è al centro degli odierni studi di genetica non sono
mancati i musicisti che hanno approfittato di queste nuove scoperte
per intraprendere nuovi percorsi compositivi.
Il
05.04.2019 È
uscito “DNA” (Ala Bianca/Warner Music), il terzo lavoro dei
Deproducers, un progetto sinestetico in cui scienza
e musica uniscono le forze in nome della conoscenza e della
divulgazione del sapere.”DNA”
è stato realizzato in collaborazione con AIRC,
Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro e con Telmo
Pievani, filosofo, storico della biologia ed esperto di teoria
dell’evoluzione.
Un
altro progetto, sinestetico è quello di Paolo Soffientini,
scienziato/batterista, ricercatore di proteomica all'Ifom-Istituto
Firc di oncologia molecolare di Milano, il quale vuole dimostrare che
nel nostro DNA si nasconde uno spartito musicale. Anzi 23 mila, tanti
quante sono le differenti proteine che abitano in ogni cellula. In
pratica vengono incrociati l'alfabeto della musica con quello del
codice della vita, dove a ciascuna lettera del genoma viene abbinata
una nota, in modo tale che ogni gene, e quindi ogni proteina, possa
diventare un suono, così si possono ottiene un'infinità di brani.
Più
recente, il 5 maggio, a Pisa si è esibita la Dinamitri Open Combo,
che ha presentato “Mappe per l'Eden”, un progetto che rielabora
in musica il percorso dell'evoluzione musicale dalle origini
dell'uomo ai nostri giorni. Un progetto di ricerca che unisce due
gruppi tra i più attivi del Jazz italiano, Dinamitri Jazz Folklore e
Open Combo.
"Personalmente
credo che ci siamo fatti da tempo un'idea di come la musica, per le
sue componenti emotive e per la sua inafferrabilità, rappresenti lo
spirito che ci tiene in vita. Solamente non abbiamo ancora trovato le
giusta parole per descriverla."