Stranger at the Gate
Sir Caporuscio è un noto musicista e didatta della capitale, dopo aver coltivato un forte interesse per l'etnomusicologia, ha intrapreso lo studio approfondito della musica classica indiana e di quella araba, specializzandosi in strumenti quali il sitar, l’oud e il saz. Ha collaborato per molti anni con numerosi gruppi di musica etnica e rock della capitale come Unnaddarè, Rino Ceronti, Ogopogo e Sansura. Di recente si è impegnato nello studio del mandolino, del banjo e del bouzouki irlandese. In particolare si è soffermato sulla tradizione musicale irlandese e del centro-sud Italia, con i gruppi Red Pack e Scantu de Core (musica salentina), nonché sulla musica dell’est europa e su composizioni originali con il gruppo romano Turàn Trio. Nell’ambito della musica irlandese suona da anni con il noto violinista tradizionale Marco Fabbri e ha condiviso il palco con alcuni dei più importanti musicisti di questa scena musicale, tra cui Christy Leahy (North Cregg) e Kevin Crawford e Cillian Vallely (Lunasa) sia come solista che come accompagnatore e cantante. Attualmente fa parte di diversi gruppi di musica irlandese, Hurry Up!, Ace & Deuce e Sea-Change (in duo con Laura Torterolo, cantante dei Birkin Tree), di musica del centro-sud Italia, Transumanze popolari, e dell’est europa con i Turàn Gipsy Quartet.
Nel corso della sua vita artistica ha suonato su numerosi palchi di prestigio nazionale e internazionale. Tra gli altri il Palace Theatre di Soho a Londra, al concerto tenutosi per celebrare il ventesimo anno della morte di J.Lennon, nei principali teatri della provincia di Ragusa in un tour siciliano nel novembre 2006, per il progetto Terrarrussa che celebrava il centenario della CGIL, all’Umbria Folk Festival di Orvieto, nonchè in numerosi festival di musica tradizionale irlandese e delle aree celtiche in Italia, quali Montelago Celtic Festival, Druidia, Matese Friend Festival, CAMPOfestival di Campo Ligure e l’Irish Music Festival di S.Margherita Ligure (GE), l’Eire! Festival di Bondeno (FE), e in Irlanda due edizioni dell’Ennis Trad Fest (2016 e 2018) e numerosi altri festival di musica tradizionale, oltre ad essere ormai da diversi anni assiduo frequentatore delle migliori session di musica irlandese in Italia (Roma, Genova, Bari, etc.) e in Irlanda (Belfast, Dublino, Ennis, Cork, Galway e oltre).
Per raccontarvi le calde suggestioni, i colori e i profumi che il "nostro", col la collaborazione di alcuni amici nonché altrettanto professionali artisti, ha saputo riportare e descrivere nell'album, abbiamo deciso di chiedere direttamente all'autore di parlaci di tutte quelle magiche emozioni che un rigoglioso paesaggio come l'Irlanda e la sua sempre "verde" tradizione sanno generosamente donare.
Come nasce la tua passione per la
musica?
A 10 anni mio fratello mi fece
ascoltare i grandi cantautori americani, James Taylor, Jim Croce,
Simon & Garfunkel di cui sono tutt’ora innamorato. Poi un suo
amico che suonava la chitarra mi fece ascoltare un pezzo di chitarra
arpeggiata un po’ folkeggiante e all’istante decisi ‘voglio
suonare la chitarra!’ e dopo tre giorni ne avevo già in mano una!.
Poi arrivarono i Pink Floyd nella mia vita e le cose si fecero serie…
Quali sono state le tue prime
esperienze?
Studio della chitarra classica dagli 11
ai 13 anni. Mi piaceva molto la musica classica, ma non lo studio
dello spartito, ben presto mi dedicai alla musica imparata ‘a
orecchio’, molto più agevole per me che sono fondamentalmente un
musicista di ‘tradizione orale’.
Come sei arrivato a studiare il sitar e
la musica classica indiana?
La mia passione per la musica
tradizionale di ogni parte del mondo è iniziata molto presto, forse
intorno ai 15 anni, avevo sentito il sitar suonato alla ‘hippie’
nei dischi rock e mi piaceva molto il suono che emetteva. Poi,
all’incirca intorno al 1994-95, a Piazza Vittorio, passai davanti
ad uno dei primi empori gestiti da indiani della capitale e vidi
esposto proprio un esemplare di sitar. Entrai e chiesi di provarlo.
Era totalmente scordato ma fui rapito dal suono come da
un’illuminazione. ‘E’ mio!’ mi dissi. Misi da parte i soldi e
dopo pochi mesi lo comprai. Dopo un paio d’anni, era il ’98-’99,
venni a sapere dei corsi di musica classica indiana dal negozio di
strumenti dal mondo Jacaranda del mio amico Sergio Chiesura
che si trovava proprio dietro piazza Navona. Lui mi fece conoscere i
corsi di musica organizzati da Carlos Santamaria che si tenevano ad
Arezzo ogni anno a novembre. Conobbi e studiai con alcuni tra i più
grandi maestri della musica industana, Pt.Manilal Nag, Ustad Shahid
Parvez, Ustad Shuujat Kan e molti altri. Sergio mi presento’ anche
il mio primo vero maestro, Aki Montoya di Berlino, allievo di
Pt.Budhaditya Mukherjee. Poi grazie a Gianni Ricchizzi della
scuola/ashram di Saraswati House, Assisi, conobbi il mio
secondo maestro, il grande Pt.Amarnath Mishra, che purtroppo è
scomparso qualche anno fa, ma che rimarrà sempre nel mio cuore.
Quando nasce la tua passione per la
musica tradizionale irlandese?
Ascolto musica irlandese, scozzese e
inglese dall’età di 15 anni, più o meno, e ho visitato quei
luoghi più e più volte nella mia vita, soprattutto negli ultimi
anni. Poi, circa 10 anni fa, sentii il bisogno, dopo altrettanti anni
di studio della musica classica indiana, di lasciare quel mondo in
stand-by e dedicarmi ad una musica meno ‘seriosa’ nello spirito e
nel contesto, che potesse però soddisfare la mia ricerca di qualità
tecnica, musicale, artistica e perchè no anche dell’anima. Tutte
caratteristiche che ritrovavo perfettamente mio primo amore musicale
dell’adolescenza, la musica irlandese. Con questa tradizione,
anch’essa seria e raffinata, potevo permettermi di bere una birra e
un whisky in allegria e allo stesso tempo di suonare una slow air
o una canzone di profondità e solennità uniche guardando
l’immensità della natura d’Irlanda. Un compromesso perfetto per
la mia indole. Profondità e giovialità al tempo stesso.
Questo album lo hai registrato durante
il primo Lockdown, è stato una sorta di auto aiuto per superare le
avversità dell'isolamento?
Si, assolutamente. La musica è stata
la compagna ideale in quel periodo. Mi ha dato la forza di reagire,
di creare. In quel periodo di confinamento forzato e di grande
introspezione e meditazione, ho potuto riflettere a fondo e costruire
una setlist che rispecchiasse al 100% tutti gli stili, i generi e i
repertori della tradizione irlandese che mi hanno influenzato negli
ultimi 10 anni e che hanno contribuito a creare il musicista che sono
oggi.
Raccontaci come hai concepito l'album,
qual'è il messaggio che vuoi divulgare, perché hai selezionato
questi brani?
Lockdown iniziato da poco. Una delle
tante notti in cui si è fatto tardi. Nel letto al buio a pensare.
Illuminazione…un titolo…Stranger at the Gate (il nome di un reel
non troppo conosciuto, ma che ho sentito spesso suonare dai miei
amici a Belfast) …perfetto mi sono detto! Sono io lo straniero che
bussa alla porta ogni volta che vado dai miei amici irlandesi. E loro
ogni volta mi accolgono a braccia aperte! Poi tutta la setlist, praticamente come
la si può leggere oggi sul disco, l’ho concepita in 10 minuti.
A quel punto non mi restava che
accendere i computer i microfoni e cominciare a registrare.
Come dicevo prima, i brani sono di
provenienza composita. Ci sono pezzi strumentali da danza come jigs
e reels, suonati con diversi strumenti (ovviamente il
paradiso per chi ama gli strumenti a corde!), mandolini, mandola,
chitarra, banjo, bouzouki, violino e anche ospiti importanti con
strumenti importanti, il violino di Marco Fabbri, l’organetto e il
melodeon di Christy Leahy, Dario Gisotti al whistle e alle Uillean
Pipes (cornamusa irlandese), Emanuele Sassetti al whistle
e al flauto irlandese e Maurizio Di Giacomo alla chitarra. Poi ci
sono 6 canzoni, da Scozia e Irlanda, di cui 2 cantate insieme a Laura
Torterolo, voce degli storici Birkin Tree. Altri brani sono di
tradizione semiclassica (uno del compositore barocco, l’arpista
cieco Turlough O’Carolan) e anche una struggente slow air a
chiudere il disco. Il messaggio della mia musica vuole essere di
inclusione, accoglienza, forza e speranza. Così come accoglienti,
forti e piene di gioia e speranza sono state la musica, la gente e la
cultura d’Irlanda con me. L’incontro di un luogo e di un’anima
che dopo essersi visti per la prima volta non si lasceranno mai più.
L’apertura e l’incontro di matrici, culture, esperienze diverse
rappresentano l’unica vera possibilità che abbiamo come esseri
umani di creare un mondo migliore e un futuro diverso.
Suoni con grande padronanza diversi
strumenti nell'album, stai ricercando un suono che ti distingua o è
la rappresentazione di un insieme di suoni che descrivono le diverse
raffigurazioni della tua personalità?
Beh, a parte gli interventi dei miei
amici/ospiti (di grande qualità e valore), effettivamente tutti gli
strumenti sono suonati da me. Non cerco affatto di distinguermi
suonando questa musica, ma di rappresentare lo spirito con cui mi
avvicino a questa tradizione e la mia personalità. L’amore per la
tradizione, per il banjo, il bouzouki, il mandolino, il violino e il
canto, e la ricerca di un mio stile personale che parta sempre e non
prescinda mai da quella tradizione.
Quale musica ascolti e quanto influisce
nel tuo modo di suonare ?
Adoro tutta la musica. Dalla classica
all’elettronica, al Jazz e al blues. Ma ovviamente i miei generi
preferiti sono il rock (soprattutto anni’70), la musica
tradizionale e i cantautori americani, inglesi, scozzesi e irlandesi
(ma anche italiani). Ultimamente mi sono innamorato e sto studiando
anche la musica tradizionale greca che è un mondo fantastico di
suoni e atmosfere struggenti e antiche.
Pensi di continuare il tuo percorso
artistico nella tradizione irlandese o hai atri “ paesaggi sonori”
dei quali vuoi proporre una tua visone?
Penso di continuare di certo con la mia
grande passione per questo genere, ma come già accennavo, vorrei
dedicarmi anche alla musica greca e riprendere anche quella indiana
(che al momento continuo ad insegnare), nonché dedicarmi ad un
progetto musicale tutto mio e originale in cui fondere in maniera più
‘libera’ tutte le influenze e i generi che ho approfondito negli
anni, con un sapore psichedelico e visionario. Sogni nel cassetto…
Musicisti:
Gabriele Caporuscio - Banjo, Irish and Greek bouzouki, mandolin, bass mandola (track 15), guitar, tenor guitar (track 12), fiddle (tracks 4, 5 and 6), voice, organ drone (track 9)
Emanuele Sassetti - Flute (track 6), whistles (tracks 2 and 12) and bodhran (track 6)
Laura Torterolo - Voice (tracks 5 and 7)
Christy Leahy - Button accordion (tracks 7 and 8) and melodeon (track 8)
Marco Fabbri - Fiddle (tracks 10 and 11), viola (track 10)
Dario Gisotti - Uillean pipes (track 11) and whistles (track 14)
Maurizio Di Giacomo - Guitar (track 15)
Brani:
Big John's Set: Big John's/ The Watchmaker/ The Old Maid of Galway
(Reels) 04:33
The Ghost of Willie-O 03:42
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The Clare Set: Sergeant Early's Dream/ Porthole of the Kelp/
The Torn Jacket (Reels) 03:58
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Fahey's Jigs: no. 1/4/2 04:00
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Willy O'Winsbury 06:24
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Stranger Set: Mother's Delight/ The Twelve Pins/ Stranger at
the Gate (Reels) 04:23
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Shan Van Vocht 03:37
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G Jigs: Dermot Byrne's/ The Angry Peeler/ Miss Walsh's 04:11
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Miltown Set: The Old Road to Miltown/ Farewell to Miltown/
Murphy’s Greyhound/ The West Clare Railway (Hornpipe &
Reels) 05:15
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The Snows They Melt the Soonest 03:54
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Christmas Reels: The Holly Bush/ Christmas’ Eve/ Christmas
Day/ New Year’s Eve 05:39
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Loftus Jones (O'Carolan) 03:41
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Harrington's Jigs: The Yellow Wattle/ Out of the Mist/ Tell Her
I Am 04:24
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The Death of Queen Jane 05:30
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An Chúilfhionn (The Coolin) 02:10
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