martedì 28 febbraio 2017

Skrjabinology …



Twelve Colours and Synesthetic Cells è il nuovo disco sigillato dal duo Trovesi-Petrin, si ispira alla Tabella Sinestetica che raffigura un' ottava sulla tastiera del pianoforte dove ogni tasto ha un colore diverso abbinato ad ogni nota, realizzata dal compositore russo Alexander Skrjabin.







La definizione Sinestetica nasce per indicare un' esperienza multi sensoriale:
dal tardo ottocento divenne uno stimolo di ricerca dalla quale filosofi, pittori, compositori, scrittori ed intellettuali di diversa estrazione ne trassero ispirazione. Il coinvolgimento di più espressioni artistiche per stimolare la simultaneità dei sensi. Ha visto una rinascita negli anni cinquanta da parte dei Poeti Beat ispirati dalla nascente musica Jazz (Scrivere BeBop , Prosa Libera), trasceso nel movimento Hippies/Pacifista degli anni sessanta ( Live Painting e Fusion di ogni genere), attraversando le avanguardie dei settanta/ottanta proseguendo fino alle moderne correnti olistiche ( che abbinano le diverse discipline filosofiche orientali e occidentali). 


 
I n questo disco vengono magistralmente fusi il mondo dei colori con quello dei suoni:
nove brani sono ispirati ai preludi skrjabiniani, i restanti dodici prendono spunto dalla già citata tabella sinestetica. Il tentativo di evocare delle immagini dall'ascolto del disco è riuscitissimo, i preludi portano alla memoria le opere realizzate dai più noti pittori impressionisti, mentre i dodici colorati ritratti sinestetici si alimentano di quella impensabile policromia tipica del pittore russo Alexej Von Jawlensky.




 Ogni brano prende vita dal caleidoscopio di suoni che Trovesi, sempre ispirato ed energico come in Summer Evening , e Petrin, dal tocco rapido e delicato in A fabulous fog, sanno generare nella fantasia dell'ascoltatore. 

 
Giallo si anima delle dissonanti astrazioni-composizioni di Kandinsky, prendendo forme e traiettorie infinite simili agli ideogrammi giapponesi componendo luminosi Haiku dall'inevitabile impatto poetico.
Notturno è un acquerello dai tratti sfocati che ritrae un ipotetico Dexter Gordon avvolto dal fumo delle sigarette, tra le ombre della sala ci sono, ad ascoltarlo, Skrjabin e Kandinsky che sorseggiano e picchiettano colorati drinks mentre, al bancone, un giovane scrittore ubriaco declama il suo vagabondo viaggio.... per strada.




Un album intenso e generoso …da guardare con gli orecchi”






Brani:

  1) Finestra e notte e brina (from Prel. Op. 33 n.1)
  2) Alba famigerata (from Prel. Op. 11 n. 1)
  3) Summer Evening (from Prel. Op. 15 n. 5/La Sera)
  4) Osip disse (from Prel. Op. 74 n. 3)
  5) Boris e Alexandr (from Prel. Op. 11 n. 2)
      The Twelve Colours of Skrjabin
      6) Rosso-Arancione (G)
      7) Verde (A)
      8) Bianco-Azzurro (E)
      9) Blu perlaceo (B)
    10) Viola-Porpora (Ab)
    11) Bagliore metallico (Bb)
    12) Giallo (D)
    13) Rosso scuro (F)
    14) Blu (F#)
    15) Grigio acciaio (Eb)
    16) Viola (Db)
    17) Rosso (C)
18) A fabulous fog (from Prel. Op. 16 n. 4)
19) Notturno (from Prel. Op. 67 n. 1)
20) Like a Mystery (from Prel. Op. 16 n. 2)
21) Il sole qui (from Prel. Op. 13 n. 1)
All compositions by Giovanni Trovesi, Umberto Petrin (Dodicilune edizioni)




Gianluigi Trovesi, alto sax, alto clarinet, piccolo
Umberto Petrin, piano 






Produced by Gabriele Rampino for Dodicilune edizioni, Italy
Label manager Maurizio Bizzochetti (www.dodicilune.it)
Recorded, mixed and mastered 22nd-23rd June 2016 at Artesuono, Cavalicco (Ud), Italy
Sound engineer Stefano Amerio
Cover painting by Mirko Baricchi  Photos by Gabriele Rampino






lunedì 20 febbraio 2017

Doux Dèsirs ... Piacevolmente malinconico

 



  Ogni volta che ascolto il suono struggente dell' OUD, mi vine in mente il racconto del mio amico Hossin di Orano.

“In Algeria si racconta che l'OUD sia nato dalla morte di una giovane fanciulla, il padre distrutto dal dolore realizza con i tendini della figlia le corde per questo strumento affinché lui possa continuare a sentire la sua voce dal suono piacevolmente malinconico.”

Quello di Radwan è un Oud arabo svezzato con le alchimie dei Maqam, ma anche moderno e dalle molte facce, dal quale estrae suoni a volte chitarristici, spesso si  esibisce anche con la chitarra classica  fretless, ricavando armonie eteree. Il suo lavoro nelle dinamiche e l'attacco del plettro mutano ad ogni istante, evidenziando un linguaggio maturo e dinamico, erede di artisti come Anouar Brahem e Rabih Abou-Khalil.

Ma in questo disco non c'è solo la magia araba ... grazie a Michel Godard da decinni possiamo riascoltare in diversi contesti musicali il Serpent, strumento antenato della Tuba, che ere caduto nell'oblio. In questo disco Godard ne ricava un suono cantabile e denso di respiro, un suono arcaico … primitivo, ma la magia si ripete anche con la Tuba, imponete e fluida ad ogni intercalare. Con il Basso Elettrico la cantabilità si intreccia sinuosamente con le melodie enunciate dall'Oud.


Questo disco, nonostante si condisce di diverse spezie del Mar Mediterraneo, non è sicuramente un disco di World Music ma piuttosto un album di musica contemporanea.
 
Nella sua genesi ci sono si caratteri della musica araba, la musica da camera ... quella minimale  e l'improvvisazione Jazz, ma non c'è un idioma predominante, piuttosto un esperanto vivo nella moderna cultura globale di oggi.


Un lavoro frutto di una contaminazione equilibrata messa in gioco da due musicisti di altissimo livello tecnico,  sensibili, ma soprattutto piacevolmente Malati D'Amore per la musica.


Sono molto piacevoli Il Goloso a A la folie, con il loro andamento giocoso e spensierato ci sollevano un po dalle disarmanti angosce per la Serbia, o dalla disperata ricerca Su l'onda d'amore ... l'Acqua Alta, oppure scrutando In The Grotte seguendo A Trace of Grace.

Comunque sempre vigili pur sognatori, senza dimenticare che ... Love at first sight.

Questo disco è un meraviglioso atto d'Amore”




Brani:
1 - Su l'onda d'amore
2 - In The Grotte
3 - Intro to Tenderness
4 - Tenderness
5 - Il Goloso
6 - Dahab
7 - Acqua Alta
8 - Serbia
9 - Malato d'amore
10 - Love at first sight
11 - A la folie
12 - A Trace of Grace

Compositions by Michel Godard (1, 7), Ihab Radwan (2, 4, 6, 8, 9), Michel Godard/Ihab Radwan (3, 5, 10) Dodicilune edizioni except 11 by Michel Godard (Schott Music), 12 by Michel Godard. 

 

 

 

Michel Godard - serpent, tuba (2, 8), el. Bass (1, 7, 12)

Ihab Radwan - oud, vocals (9)



Produced by Gabriele Rampino for Dodicilune edizioni, Italy
Label manager Maurizio Bizzochetti (www.dodicilune.it)
Recorded 13th and 14th January 2016 at Artesuono, Cavalicco (Ud), Italy
Mixed and mastered January 2016 at Artesuono, Cavalicco (Ud), Italy
Sound engineer Stefano Amerio
Cover painting by Bernardino Luini (Luino, Italy 1484, 1532) - Head of a Woman
Photos by Catherine Lassalle, Gabriele Rampino, Giovanni Dreossi
Contact: booking by Catherine Lassalle, please write to lakallas@yahoo.fr 







martedì 14 febbraio 2017

Contro ogni muro …. “Zenophilia”


Zenophilia è il terzo disco coprodotto dall’etichetta pugliese Auand Records ed il collettivo El Gallo Rojo. Ancora una volta hanno avuto il pregio di dare voce ad una delle formazioni più innovative della scena musicale italiana.

Se la musica è matematica qui c'è stato un dichiarato processo di sottrazione, infatti il trio composto da Zeno De Rossi alla batteria, Piero Bittolo Bon al sax e Filippo Vignato al trombone, riescono a trasmettere l'energia e l'impatto di una Big Band pur rinunciando a qualsiasi sostegno armonico.

De Rossi, autore di tutti i brani originali, indicandoci le sue nobili intenzioni, ci spiega perché la scelta di questo insolito titolo:
«Ho voluto giocare mescolando il mio nome alla parola xenophilia, che indica l’attrazione per tutto ciò che è straniero, in particolare riguardo a persone e culture. È spaventoso vedere tutti questi movimenti di ritorno ai nazionalismi. Ritengo sia necessario provare empatia per le esperienze e le vite altrui, piuttosto che continuare a innalzare barriere e muri per proteggerci dagli altri, come invece e purtroppo continua ad accadere di questi tempi».


Ascoltando l'intero disco si ha l'impressione di viaggiare tra le epoche e i paesaggi che da più di cento anni accompagnano questa musica, nata nel sud degli USA, trovando una primo focolare ( incendiario) nelle molteplici culture africane segregate nelle piantagioni, per poi mescolarsi con i nativi americani e tutta la massa di emigranti giunti dall' Europa e dall' Asia, creando un nuovo linguaggio, poi familiare in tutto il mondo.

Mescolando un po l'ordine originale della scaletta dei brani …. si parte dall'entroterra della Louisiana con il coinvolgente blues di Henry Zeno, un brano vivace ed energico che porta alla memoria le Fife and Drum Band [1] solite suonare per ore ai Picnic negli afosi week end di Clarksdale e d'intorni.
Finiti i bagordi, saliamo sulla Zeno-Boat, discendiamo il fiume Mississippi per approdare a New Orleans. EBDance apre le danze, scatenando un carnevale di suoni, dove il Sax e il Trombone trascinano la parata, come le più scatenate Marching Band, rilanciando a ripetizione melodie e controcanti  nella migliore tradizione armolodica, non a caso viene anche reinterpretata Feet Music di Ornette Coleman.

In questa piacevole festa di suoni troviamo i personaggi del Zeno-Carnevale, per i più piccini c'è Baboo e Marionette, per tutti gli altri The Daniel Quinn Theme.  A chiudere la festa del Martedì Grasso ci pensa Red Bird, col suo procedere lento e malinconico, rievocando le parate funebri della Crescent City .

 Ma il viaggio non è finito, saltiamo sul Zeno-Treno e ci lasciamo dondolare dalla dirompente I’ve Never Been On It Before. Prima tappa a Chicago, dove ci muoviamo furtivi e felini con i brani Cats e Catfight, ma tira una brutta aria nella Wind City, la nostra sperimentazione no piace molto agli amanti del Blues più ortodosso, così proseguiamo verso la Big Apple.

 
Da giorni a New York, un po' sperduti come pesci fuori dall' acqua, finiamo l'ultimo turno al Club … quello delle 3 di notte .. suonando l' acidognola The Mystery Of The Leaping Fish. Prima di darci la paga il proprietario ci chiede di suonare ancora un brano, la colonna sonora di un film che stanno proiettando in quei giorni ….un po stremati, ma lucidi, concludiamo il viaggio con una telefonata … Hello …. Taxi Driver ?

Il disco è piacevolissimo, dinamico sotto ogni aspetto, energico, brillante e asciutto. Nonostante i cambi di tempo e le danzanti armonie dissonanti, l'andamento è fluido …. il piedino dell'ascoltatore non riesce a stare fermo e viene voglia di fischiettare. Ottimo anche il lavoro di produzione, non così scontato, che dona ai suoni dei fiati, ma soprattutto a quelli della batteria, una notevole ricchezza di armoniche …. il così detto Asso nella manica .....

 

Track List

01 I've Never Been On It Before
02 Cats (for Joey Baron)
03 The Daniel Quinn Theme
04 Henry Zeno
05 Baboo
06 Red Bird (for Sergio Candotti)
07 Marionette
08 The Mystery Of The Leaping Fish
09 Catfight
10 Theme from Taxi Driver
11 EBDance (for Ed Blackwell)
12 Feet Music

Personnel

Piero Bittolo Bon alto sax, bass flute on #6
Filippo Vignato trombone
Zeno De Rossi
drums, percussion, whistle on #10 

Recording Data

Produced by Zeno De Rossi
Executive Producer: Marco Valente
Recording: Perpetuum Mobile, Nave (BS) – Italy on February 12 and September 26, 2016
Engineer: Alessandro “Asso” Stefana
Cover Photo: Xeno De Rossi

www.elgallorojorecords.com
http://auand.com/




[1] La Fife and Drum è una sorta di primordiale marching band, il gruppo composta da un suonatore di Piffero, a volte sostituito da un rudimentale violin, ed almeno tre percissionisti armati di grancassa e due rullanti.Una tradizione musicale riscoperta da Alan Lomax nei suoi numerosi viaggi nel sud degli USA.
Di gran successo furono la Como Drum Band di Napoleon Strickland e la di Rising Star Fife and Drum Band di Otha Turne. Oggi la tradizione continua grazie a Shardé Thomas, nipote di Turner .
https://www.youtube.com/watch?v=91_oMlVqKcQ

lunedì 13 febbraio 2017

TWELVE COLOURS AND SYNESTHETIC CELLS:
GIANLUIGI TROVESI E UMBERTO PETRIN, DOPO DIECI ANNI,
TORNANO INSIEME PER UN NUOVO PROGETTO DISCOGRAFICO










Martedì 14 febbraio esce in Italia e all’estero distribuito da Ird e nei migliori store digitali, “ Twelve Colours and Synesthetic Cells” il nuovo lavoro discografico - a dieci anni da “Vaghissimo Ritratto” - del duo composto dal sassofonista e clarinettista Gianluigi Trovesi e dal pianista Umberto Petrin. Il nume tutelare di riferimento è Alexander Skrjabin (Mosca 1872 - 1915) che i due musicisti “usano” come semplice pretesto iniziale per un dialogo suddiviso in molte vignette dalla notevole intensità. A nove brani ispirati a frammenti di preludi skrjabiniani si alternano, infatti, dodici improvvisazioni ispirate alla nota tabella sinestetica che il compositore russo aveva creato inventando un legame tra lo spettro dei colori e il carattere espressivo della musica da lui composta.

«
Umberto Petrin e Gianluigi Trovesi sono due spericolati giocolieri del pentagramma, sempre pronti a gettarsi in avventure che evitano con leggerezza e bravura i luoghi comuni e le banalità, prendendo spunto da musiche di epoche diversissime per realizzare una sintesi di linguaggi sempre personale e ricca di spunti interessanti e creativi», sottolinea nelle note di copertina Carlo Boccadoro. «Petrin è pianista sopraffino, dotato di un bellissimo suono che disegna panorami quasi “cinematografici” per ampiezza e capacità di colori; a questa abilità strumentale bisogna aggiungere una curiosità intellettuale che lo porta ad apprezzare musiche diversissime, dal free di Ornette Coleman al funk degli Chic; uguale apertura di orizzonti si ritrova nella personalità di Trovesi, che alternando diversi colori strumentali (clarinetto contralto, sax contralto, clarinetto piccolo) trova linee sempre inconfondibili, personali, dove il gusto dell'ironia e dello scherzo così tipici del suo stile si alternano a momenti che si riallacciano più strettamente alla tradizione jazzistica tout court. Anche Gianluigi spazia dalla musica rinascimentale al jazz più sperimentale, senza però realizzare minestroni stilistici improbabili ma, anzi, tenendo sempre ben salda la capacità di osservarne le più diverse sfaccettature per ricavarne suggestioni nuove». Il carattere di molti pezzi presenti nell'album non ha nulla di “non-finito” o di parziale, ognuno è un gioiello perfettamente cesellato e completo in se stesso, dove l'eco lontana delle armonie skjabiniane si stempera in quella del linguaggio jazzistico senza c he questo abbia nulla di artificioso. «Per musicisti di questo livello è normale confrontarsi con mondi diversi e muoversi al loro interno con assoluta naturalezza. Rispetto alle scorribande barocche del loro precedente album Vaghissimo Ritratto vi è qui una maggiore asciuttezza di approccio, le linee melodiche sono più angolose e sagomate e le atmosfere sono meno sognanti. La pulsazione ritmica, che nel precedente lavoro veniva quasi interamente abbandonata a favore di un lirismo quasi estatico, viene ripresa con vigore creando incastri di notevole virtuosismo e groove. Qualche suggestione di valzer fa capolino con garbo ogni tanto, convivendo pacificamente con le formule ritmiche derivate dal mondo dell'hip-hop che all'inizio del disco appaiono assieme alla voce del grandissimo poeta Osip Mandelstam' (un modo per ricordarci che Petrin è grande appassionato di poesia e autore di versi)», continua Boccadoro. Le dodici improvvisazioni hanno «un carattere decisamente più astratto degli altri pezzi, ma riescono a non perdere un grammo della loro comunicatività grazie all'intesa telepatica tra i due musicisti, che li porta sempre ad ascoltare i più piccoli dettagli di fraseggio per restituirli reciprocamente arricchiti di nuova invenzione; i due musicisti evitano l'approccio “muscolare” e competitivo di troppi dischi in duo apparsi sulla scena negli ultimi anni, preferendo suonare unicamente lo stretto necessario, lasciando spazio uno all'altro con generosità. Le tessere di questo coloratissimo mosaico musicale alternano stati d'animo assai differenti formando però un'architettura di rara compattezza e soli dità, che grazie alla freschezza improvvisativa dei due protagonisti passa in un lampo, facendo immediatamente voglia di ricominciare da capo l'ascolto del disco».



Dodicilune - Edizioni Discografiche & Musicali
Via Ferecide Siro 1/E - Lecce
Tel: 0832.091231

venerdì 10 febbraio 2017

Auditorium Parco della Musica di Roma
Venerdì 17 febbraio ore 21

LYDIAN SOUND ORCHESTRA IN CONCERTO
Miglior formazione dell’anno al Top Jazz 2016
(Recording Studio)




Con il fresco titolo di "Miglior Formazione dell'anno" al Top Jazz 2016, la Lydian Sound Orchestra, fondata e diretta da Riccardo Brazzale, si presenta all’Auditorium Parco della Musica la sera di venerdì 17 febbraio con un concerto inedito, che varrà anche come registrazione live del nuovo album che si intitolerà ‘’We Resist!’’.

Il titolo vuole essere un omaggio allo storico disco di Max Roach ‘’We Insist: Freedom Now’’ che comprendeva ''Freedom Day'', che chiudeva la tracklist dell’ultimo album della Lydian e che farà da ponte con quest’ultimo nuovo progetto: il brano, infatti, verrà registrato e interpretato nuovamente con un vasto organico, comprendente anche l’ensemble vocale.

Per ricondurre a un’idea quantomai aggiornata di libertà, oltre a ''Freedom Day’’, Brazzale e la Lydian interpreteranno solo pochi altri brani dal repertorio di Max Roach e di Abbey Lincoln, come l'evocativa ‘’When Malindy Sings’’, su testo del poeta Paul Lawrence Dunbar, risalente al 1896, o ‘’Lonesome Lover’’, su testo dello stesso Roach e di Abbey Lincoln, oggi portato a popolarità da Gregory Porter. A questi se ne aggiungeranno altri composti da Brazzale (come ‘’Dance, Love, Resist!’’, dedicato al travaglio della Grecia attuale) o, come succede spesso con la Lydian, tratti dalla tradizione jazz (a titolo di esempio, il capolavoro ornettiano ''Lonely Woman’’, ma non solo) e fatti proprio secondo le tipicità del lydian sound. Per giungere alla rivisitazione di un brano come ‘’Blackbird’’ che dal songbook di Paul McCartney è oramai proprio del jazz real book o, infine, all’esplorazione del testo del poeta e attivista nordirlandese Bobby Sands, che sin dal titolo ‘’The Rhythm of Time’’ sembra fatto apposta per il dialogo fra le percussioni e la voce rap di Vivian Grillo.

Con il concerto di Roma, entra nella formazione anche il cornista Giovanni Hoffer, l’unico specialista sul suo strumento nell'ambito del jazz nazionale: con due sassofoni (Bonisolo ed Emili), quattro ottoni (Gianluca Carollo, Roberto Rossi, Hoffer e Glauco Benedetti) e la ritmica (Paolo Birro, Marc Abrams e Mauro Beggio) il suono della Lydian si riavvicinerà alla storica Tuba Band che Miles Davis guidò fra il ’48 e il ’50: con la Lydian, il dialogo fra passato e futuro non può smettere di stupire.

Auditorium Parco della Musica
Teatro Studio Borgna
Venerdì 17 febbraio ore 21
Ingresso: 15:00
Infoline 892982

martedì 7 febbraio 2017

Impressa in Profondità


Ecco un'altra piacevole produzione del collettivo Improvvisatore Involontario … questo lavoro, uscito il 24 giugno 2016, coinvolge quattro artisti siciliani, Santi Costanzo alla chitarra e autore di tutte le composizioni, Fabio Tiralongo al flauto, sassofono soprano e tenore, Carlo Cattano al flauto contralto e sassofono baritono e Alessandro Borgia alla batteria.

Costanzo  per affrontare le sue composizioni ... strategie di gioco ...  si ispira ai tanti consigli ricevuti dal suo maestro Paolo Sorge, che lo ha aiutato e stimolato a sviluppare un linguaggio multiforme, che si nutre si del Jazz, ma anche della musica classica e minimalista del tardo '900, dal Free  all'improvvisazione radicale.

Costanzo, come anche i suoi compagni di viaggio, eccellenti interpreti e coprotagonisti, è munito di un talento naturale, anche se parzialmente guidato, non emula percorsi già battuti, preferisce disegnare rapide spirali e ripide ascese.


Quella che emerge è una geografia multiforme, un paesaggio dinamico, si passa da un canovaccio di colline seriali in Prologo per giungere alle soffici e lente progressioni armoniche delle eteree pianure erbose in Epilogo.

 Durante il viaggio non mancano i villaggi dai nomi e dalle architetture insolite, Lai … Audire Aude … Jumpfive e Ziqqurat, sono utopiche cittadine dove tutto trova un apparente ordine, le ombre si illuminano e le luci si offuscano, il confine tra musica scritta e improvvisata non viene accennato, neanche in Milea, una cittadella melodica, impressa in profondità ... nell'inconscio, con la sua melodia ariosa e dissonante.

Santi Costanzo ha saputo interpretare un ideale molto simile alla Musica Totale di Giorgio Gaslini, sfuggendo dalle etichette e dagli stereotipi sempre poco affini …. all' Arte che diviene tale solo quando la ragione è vinta dalla Curiosità e dalla Ricerca …


DeepPrint
Brani.
1 - Prologo (3:52)
2 - Lai (7:12)
3 - Audire Aude! (7:21)
4 - Jumpfive (7:53)
5 - Milea (5:30)
6 - Sphere Theories (6:57)
7 - Ziqqurat (7:09)
8 - Epilogo (04:42)



Santi Costanzo: chitarra, composizioni
Fabio Tiralongo: flauto, sassofono soprano e tenore
Carlo Cattano: flauto contralto, sassofono baritono
Alessandro Borgia: batteria



Per info:
http://www.santicostanzo.com
http://improvvisatoreinvolontario.com
info@improvvisatoreinvolontario.com

 https://www.youtube.com/watch?v=RIabMperlzA


giovedì 2 febbraio 2017

KUKU
Il Collettivo Improvvisatore Involontario nato a Catania nel 2004 dalla collaborazione tra il batterista Francesco Cusa e i chitarristi Paolo Sorge e Carlo Natoli, fondatori dell'associazione, oggi a numerosi membri provenienti da Roma, Milano, Parigi, Berlino e New York.
Naked Musicians è l'orchestra di improvvisazione ideata e diretta da Francesco Cusa, che applica e sperimenta in essa una sua particolare conduction, che non è proprio un'improvvisazione collettiva, ma una composizione istantanea a più mani, dove possiamo ritrovare moduli ritmici di richiamo minimalista, tribalismi percussivi o vocali, puntillismi astratti, fraseggi jazzistici, elettronica (live-processing), sample di partiture contemporanee o citazioni da juke-box nazionalpopolare.
Da questo fermento musicale, che ha portato l'intera orchestra a New York, nel marzo 2011, esibendosi con ospiti d'eccezione, Mauro Pagani, Elliott Sharp, Cristina Zavalloni, Jim Pugliese, Ron Anderson e tanti altri, ne è nata un' etichetta discografica, che ha dato voce a progetti molto interessanti.

Tra questi ho scelto il disco KUKU, che da anche il nome al trio che lo compone. L'elemento interessante del progetto è l'utilizzo dell'elettronica, non una novità, da Miles Davis a Bill Laswell possiamo rintracciare numerosi esempi. Quello che lo rende interessante è l'approccio. Tommaso Rosati non è solo un musicista elettronico, batterista jazz, compositore elettroacustico, ma ha concepito un nuovo concetto di spazializzazione del suono, tramite la creazione di sistemi hardware-software per il controllo di live electronics, denominati strumenti aumentati. Negli anni l'elettronica è stata codificata tramite un linguaggio legato agli strumenti tradizionali, delimitandone per certi aspetti le potenzialità. Rosati rielabora il gesto musicale a favore di un nuovo paesaggio sonoro, che mantiene si le proprietà del fare musica, ma partendo dal suono stesso e non da un artificio tecnico compositivo.
Anche Sara Montagni, ha il pregio di portare la voce in punti d'ombra, sperimentando e spazializzando i suoi orizzonti. Forse la voce negli ultimi tempi sta soffrendo di una certa staticità, rilegata in contesti sempre più sterili e patinati. In questo disco, anche grazie al contro canto del flauto, la voce riprende il suo ruolo di strumento musicale, manipolato ed elaborato da effetti e loop come nel piacevole brano Emily Brontë, ma anche in divagazioni astratte come Retrovirus. Martino Rappelli con la sua chitarra fa da collante a tutto il progetto, esaltando le progressioni dinamiche e i cambi ritmici con estrema fluidità.
Il disco scorre esige diversi ascolti per individuarne i diversi aspetti … speriamo di vedere i KUKU presto in concerto …...

KUKU

Brani:
1. AC1
2. Emily Brontë
3. S.u.s.c.a.
4. Airesim
5. Retrovirus
6. Baleines
7. God save the Glitch
8. Spiral

Sara Montagni: voce, flauto, sensori
Martino Rappelli: chitarre
Tommaso Rosati: electronic devices, live electronics, batteria


mercoledì 1 febbraio 2017

South Meets North







Raga Bhopali, Bhoop, Bhoopali o Bhupali, è un  Raga della Musica Classica Hindustani (India del Nord) 
Lo stesso raga nella Musica Carnatica (India del Sud) è conosciuto come Mohanam.

Si tratta di una scala pentatonica स रे ग प ध (Sa Re Ga Pa e Dha), ossia la nostra pentatonica maggiore Do Re Mi Sol La.
 

La maggior parte delle canzoni realizzate con  questo raga sono basate sul Bhakti Rasa, cioè uno stato emozionale di devozione.



... è interessante notare la particolare "polifonia virtuale" intrisa nella monodia Indiana, elemento che ha ispirato molti musicisti del 1900, dal Jazz alla Musica Contemporanea.
 Ma anche il peculiare utilizzo della scala pentatonica dove oltre alla Tonica le note più utilizzate per il suo sviluppo sono la Terza e la Sesta. Questo gioco tra l'accordo di Do6 e La minore7 conferisco al brano uno stato di quiete, privo di attriti e dell'ansia di risoluzione ...



Un' ottimo esercizio di Musica e Meditazione ...