TEMPI STRAORDINARI
"Tempi Straordinari" è l'ultima fatica a firma di Andre Ayassot con il progetto Quilibrì. E' composta da un libro ed un CD, prodotti dall'ormai temeraria AUAND recordes che da 20 anni ci ha abituati a cambi di rotta e publicazioni discografiche di vario genere, senza mai deludere le nostre aspettative.
Il libro è una sorta di diario dove Ayassot ci svela quali sono state le sue ricerche musicali di questi ultimi anni. Senza svelarvi troppo sul contenuto del testo vi dico solo che :
… è un ottimo approccio allo studio ritmico derivato dall'analisi delle frequenze armoniche!
Sembra complicato in realtà è più difficile da spiegare che da rappresentere, infatti all'interno dell'opera troviamo numerosi esempi grafici per comprende meglio come questo nuovo metodo si è sviluppato e come si possa applicare alla composizione e all'improvvisazione.
Per migliorare ulteriormente la comprensione del metodo c'è anche il CD, dove si posso ascoltare alcuni brani concepiti utilizzando questa singolare pratica musicali. Ad interpretare i brani troviamo gli altri componenti della band Quilibrì, tutti interpreti e compositori di altissimo livello nonch'è complici di questa grande apertura Mentale/ Musicale che aleggia nell'intero album.
Per dare maggiore creatività e trasmettere il livello di tutte queste informazioni troviamo anche le illustrazioni di Luca Storero. Il quale , con grande sensibilità e intuito, ha saputo rappresentare quello che è il pensiero astratto di Ayassot.
La prima e unica volta dove ho potuto ascoltare dal vivo Andrea Ayassot è stato all'Auditorium Parco della Musica di Roma, con il progetto in trio di e con F. D'Andrea. In quella magica serata i due, assieme al Dj Rocca, hanno registrato del vivo l'album Franco D'andrea Electric Tree .
Sono rimasto subito colpito dalla postura e dai suoni che Ayassot ricavava dal piccolo sax, sembrava quasi parlare, bisbigliare o sospirare, cose che non avevo mai visto o sentito fare prima.
Nonostante sul web non si trovino molte informazioni su di Lui, ho potuto farmi un'idea della sua personalità trami le affermazioni e la stima di artisti che lo hanno conosciuto o con cui ha collaborato.
Nell'intervista ho apprezzato l'ironia e la modestia di un uomo già ad alti livello che non rinuncia a porsi altre domande o ad affrontare nuove sfide.
Il tuo modo di suonare il sax è strettamente personale, non ho mai sentito quel tipo di suono in nessun altro, forse qualche similitudine ma mai così distintivo, sembra quasi il prolungamento della voce umana, come lo hai ottenuto, hai studiato in qualche scuola oppure sei prevalentemente autodidatta?
Ho studiato con molti insegnanti, dai primi anni ’80 (quando ero già grandicello perché sono del’64): al Centro Jazz ed alla scuola civica di Torino, ai conservatori di Bologna ed Alessandria (dove mi sono diplomato in sassofono classico), ad Umbria Jazz e ancor più a Siena Jazz, ai seminari che per anni ha tenuto Steve Lacy (a volte con Mal Waldron) in Liguria. Ho iniziato con il tenore e i miei modelli erano tanti, tutti tenori, soprattutto Coltrane e Joe Henderson. Per questo motivo, quando mi è stato imposto il contralto per il diploma di sassofono,ero molto contrariato; per di più mi venivano chieste una impostazione ed un suono molto diversi.Però a quel punto mi sono accorto di poter immaginare un suono che sul contralto non avevo mai sentito, e che non ero sicuro si potesse ottenere: quando (credo tipo nell’ 89) a Nizza ho sentito il“primo” Kenny Garrett in un concerto di Miles, mi è sembrato molto simile alla ‘meraviglia che andavo fantasticando. Fra me e me lo dipingevo anche come ‘il suono che avrebbe avuto Lacy sull’alto’, anche se mi rendo conto che possono sembrare (e sono) cose molto diverse.
Mi sembra di aver capito che sei più affine alle lunghe collaborazioni che a frequentazioni occasionali, penso alla tua collaborazione con Franco D'Andrea, come vi siete conosciuti e cos'è che vi unisce da così tanto tempo?
Ho incontrato Franco ad un suo breve seminario a Torino, lui ha fatto degli apprezzamenti ma non avrei certo immaginato che mi avrebbe chiamato in un suo gruppo, e quando l’ha fatto non potevo sperare che sarebbe durato. Mi piacerebbe ricominciare da capo, ritentare di essere all’altezza.Franco mi ha a volte raccontato di aver apprezzato il suono, come suonavo gli standard (anche se non ho mai amato particolarmente suonarli), e il fatto che il mio modo di suonare lasciasse spazio a quell’interplay che gli interessava. Quest’ultima cosa interessava particolarmente anche a me, che avevo la meravigliosa sensazione che la musica cambiasse in ogni istante a seconda di quello che suonavo (come parlare con qualcuno che ti ascolta, oltre ad avere cose interessanti da dire),mettendolo nella luce migliore.
Non ti chiedo di ripetermi quello che già è ampiamente scritto ed illustrato sul libro, mi interessa sapere cos'è che ha generato in te il concetto di Eufometrie “armonie del tempo”, la curiosità,un'intuizione, un'associazione di idee oppure è il frutto di un tuo metodo di ricerca?
E’ un caso particolare, un po’ buffo. Avevo preso atto del fatto che l’orecchio umano riconosce come suoni le frequenze comprese tra i 16-20 ed i 16-20.000 Hz; mi pareva anche che le pulsazioni (per esempio di un motore),accelerando, ‘sfumassero’ progressivamente in un suono (magari attraverso prima una specie di ronzio) più o meno intorno a quelle stesse frequenze basse; perciò davo per scontato che ci fosse una specie di continuità, pur con una zona d’ombra, e mi pareva ovvio che le terzine corrispondessero alle quinte.
Mi è parso però ad un certo punto strano che questo non si dicesse chiaramente nei libri e nei corsi di teoria, e che non si estendesse ad ogni intervallo. Addirittura non trovavo musicisti, di nessun genere, a cui la cosa apparisse naturale e sensata. Ero dunque un po’ confuso, quando finalmente ho scovato ‘Nuove risorse musicali’ di Henry Cowell, poi in rete hanno iniziato ad apparire dei video che parlavano di questo
(ad es. https://www.youtube.com/watch?v=JiNKlhspdKg&feature=youtu.be).
Anche con QUILIBRI’ sei affiancato da musicisti con i quali collabori da anni, è stato complicato introdurli agli Aforitmi, oppure era qualcosa sul quale avevate già lavorato ?
L’esplorazione sistematica di tutti gli intervalli che c’è in ‘Tempi straordinari’ è già iniziata nei dischi precedenti (‘Note dei tempi’, del 2017, ‘Il drago è astratto’, del 2011, e perfino in ‘Eco fato’del 2009 ci sono già tracce in quella direzione. Addirittura ‘Il drago è astratto’ si intitola così perché sentivo che ‘il dado era tratto’, proprio in quel senso)
Nel comporre i brani di questo CD, gli accordi o le scale utilizzate hanno o non hanno influenza sulla scelta dell'intervallo che viene scelto per le poliritmie ?
(es. se utilizzo un accordo o scala maggiore non necessariamente devo utilizzare un tempo “5 su 4”)
I brani sono tutti costruiti a partire dalla chiave ritmica, ed impiegano, quale più quale meno strettamente, nelle parti melodico-armoniche, l’intevallo corrispondente.
Naturalmente questo non è obbligatorio, ma preferivo lasciare alle mie orecchie questa prima impronta in cui i colori si accostassero secondo le loro parentele.
Per le registrazioni hai fornito delle parti scritte o solo delle coordinate?
C’erano delle parti scritte, ma sono piccole melodie di 1-5 battute, di cui si potrebbe fare a meno;
la parte centrale è la chiave ritmica, insieme ad una eventuale intesa sul ‘materiale’ melodico da impiegare nell’improvvisazione (come indicato succintamente nel testo)
Nel libro per alcune melodie fai riferimento ai raga, per le tue strutture ritmiche ti sei ispirato anche ai Tala della Musica Classica Hindustani ?
No, il pensiero ritmico indiano è più ‘additivo’ che ‘divisivo’ e sono maggiormente attratto dall’africa (detto in modo molto superficiale e generale), sebbene gli aspetti ritmici della musica indiana siano di una profondità insuperabile.
Mi hanno invece sedotto ed incantato i raga, mostrando sinuose, incantevoli, raffinate, inaspettate,eleganti strade melodiche in una ‘semplice’ musica ‘modale’, vie inimmaginabili per chi come me aveva visto gli studi delle scale su e giù in tutte le combinazioni su noiosissimi manuali americani.
Sbaglio oppure le tue ispirazioni artistiche vanno oltre il mondo della musica, cerchi e ritrovi spunti anche nelle altre arti e nel quotidiano?
Mi piacerebbe che così fosse, ma la mia preparazione culturale non è un gran che.
Nel quotidiano… non saprei … a meno che non ci si riferisca alla relazione che c’è tra i modi di vivere e i modi di fare musica, che mi interessa più di ogni altra considerazione strettamente musicale.
La grafica di Luca Storero , a mio avviso, rende molto bene tutta l'idea dell'opera, avete cooperato oppure gli ha lasciato carta bianca ?
Gli ho chiesto delle immagini, possibilmente una per traccia, e lui le ha disegnate ognuna ascoltando la traccia corrispondente, ch’è quello che speravo.
Cos'è a Ruota Libera, una lettera aperta, un invito alla riflessione oppure un modo di mettere su carta i tuoi pensieri musicali ?
Non so se intuivo che stava per succedere qualcosa, che stavamo entrando in tempi straordinari.
Era (è) difficile parlare di questo, perché ognuno ha il suo vocabolario, le sue emozioni associate alle parole, peraltro abusate e strapazzate. Mi è sembrato nel tempo di accorgermi sempre più con evidenza che i miei criteri ‘estetici’ non corrispondessero a quelli delle persone che conoscevo.
Non condivido i modi e le scelte della società in cui viviamo, e nelle forme della musica riconosco la società che le genera. Volevo riflettere, magari innescare qualche discussione, su questo;anche perché mi aiutasse a figurare la musica che vorrei: non c’è in assoluto, e dipende dalle persone e dai modi di vivere in cui sono immerso, e che non mi corrispondono.
Com'è collaborare con un'etichetta così eterogenea come la AUAND RECORDS ?
Mi pare che ci sia una linea coerente, per quanto eterogenea come dici, in cui probabilmente non sono calato con grande aderenza: c’è molta elettronica, molta New York, che non ci sono in Quilibrì.
Sono anche fuori dall’età media, perché sono tutti giovani, ma sono spesso musicisti bravissimi,appassionati e molto preparati.
Credo che il catalogo auand sia un prezioso ritratto, di questo primo ventennio, di una zona musicale poco commerciale, poco visibile e piuttosto interessante.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Mi piacerebbe essere qui!!!
Formazione
Andrea Ayassot sax soprano
Claudio Riaudo percussion
Enrico Degani guitar
Stefano Risso bass
Nelide Bandello drums
Adriano De Micco percussion
Aldo Mella double bass
Pino Russo guitar
Piergianni Gillio djembé
Grafie, pittografie, figure a cura di Luca Storero
Riprese audio, mixaggio, editing, mastering a cura di Alberto Macerata
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